Partito Comunista Internazionale "Dall’Archivio della Sinistra"

Partito Socialista Italiano
Frazione Comunista Astensionista

 

DUE LETTERE AL COMITATO CENTRALE DELLA TERZA INTERNAZIONALE COMUNISTA - MOSCA
10 novembre 1919 e 11 Gennaio 1920






 


Frazione Comunista Astensionista del Partito Socialista Italiano
Comitato Centrale
Napoli, Borgo S. Antonio Abate 221

Al Comitato di Mosca della III Internazionale
 

La nostra frazione si è costituita dopo il Congresso di Bologna del Partito Socialista Italiano (8-10 ottobre 1919) ma aveva iniziato prima la sua propaganda a mezzo del giornale "Il Soviet" di Napoli, indicendo quindi un convegno a Roma il 6 luglio 1919 nel quale venne approvato il programma poi presentato al Congresso. Inviamo una collezione del giornale e diverse copie del programma e della mozione assieme alla quale fu posto in votazione.

È bene premettere che durante tutto il periodo della guerra vi fu in seno al partito un forte movimento estremista che si opponeva alla politica troppo debole del gruppo parlamentare, della Confederazione Generale del Lavoro – perfettamente riformisti – e della stessa Direzione del Partito, sebbene fosse rivoluzionaria intransigente secondo le decisioni dei congressi di prima della guerra. La Direzione è sempre stata divisa in due correnti di fronte al problema della guerra; la corrente di destra faceva capo a Lazzari, autore della formula "né aderire né sabotare la guerra"; la corrente di sinistra a Serrati, direttore dell’Avanti! In tutte le riunioni tenute durante la guerra le due correnti si presentavano però solidali tra loro, e pur facendo riserva sul contegno del gruppo parlamentare non si mettevano decisamente contro di esso. Elementi di sinistra estranei alla Direzione lottavano contro questo equivoco prefiggendosi di scindere dal Partito i riformisti del gruppo e assumere un atteggiamento più rivoluzionario.

Il Congresso di Roma del 1918, tenuto poco prima dell’armistizio, nemmeno seppe romperla colla politica transigente dei deputati, e la Direzione, pure aggiungendosi elementi estremisti come Gennari e Bombacci, non mutò sostanzialmente la sua direttiva, attenuata dalla debolezza verso certe manifestazioni della destra contraria all’indirizzo della maggioranza del Partito.

Dopo la guerra, apparentemente tutto il Partito prese un indirizzo "massimalista" aderendo alla Terza Internazionale. Il contegno però del Partito non fu soddisfacente dal punto di vista comunista; vi preghiamo di vedere sul “Soviet” le polemiche col gruppo parlamentare, colla Confederazione (a proposito della "costituente professionale") e colla stessa Direzione, specie per la preparazione dello sciopero del 20 e 21 luglio.

Subito noi, con altri compagni di tutta Italia, ci orientammo verso l’astensionismo elettorale, che abbiamo sostenuto al Congresso di Bologna. Desideriamo sia chiaro che al Congresso ci siamo divisi da tutto il resto del Partito non solo sulla questione elettorale, ma anche su quella della scissione del Partito.

La frazione "massimalista elezionista", vincitrice al Congresso, aveva anche essa accettata la tesi della incompatibilità della permanenza nel Partito dei riformisti, ma vi rinunziò per considerazioni puramente elettorali nonostante i discorsi anticomunisti di Turati e Treves.

Questa è una forte ragione per l’astensionismo: non sarà possibile la costituzione di un partito puramente comunista se non si rinunzierà alla azione elezionistica e parlamentare.

La democrazia parlamentare nei paesi occidentali assume forme di tale carattere, che costituisce l’arma più formidabile per la deviazione del movimento rivoluzionario del proletariato.

La sinistra del nostro partito fin dal 1910-1911 è impegnata nella polemica e nella battaglia contro la democrazia borghese, e questa esperienza conduce a concludere che nell’attuale periodo rivoluzionario mondiale deve essere troncato ogni contatto col sistema democratico.

La situazione attuale in Italia è questa: il Partito fa la campagna contro la guerra ed i partiti interventisti, sicuro di ricavarne un gran successo elettorale, ma poiché il governo attuale è composto dai partiti borghesi contrari alla guerra nel 1915, si determina una certa confluenza tra l’azione elettorale del Partito e la politica del governo borghese.

Siccome tutti gli ex deputati riformisti sono stati ripresentati candidati, il governo Nitti, che è con loro in buoni rapporti, come risultò dalle ultime vicende parlamentari, farà in modo che essi riescano a preferenza. Dopo, l’azione del partito, già esaurito dai grandi sforzi della attuale campagna elettorale, si perderà in polemiche col contegno transigente dei deputati. Avremo quindi la preparazione delle elezioni amministrative pel luglio 1920; per molti mesi il partito non farà propaganda e preparazione seriamente rivoluzionaria. È da augurarsi che avvenimenti imprevisti non superino e travolgano il partito.

Noi diamo importanza alla questione dell’azione elettorale e pensiamo che non sia conforme ai principi comunisti lasciare la decisione in merito ai singoli partiti aderenti alla III Internazionale. Il Partito comunista internazionale dovrebbe esaminare e risolvere tale problema.

Oggi noi ci prefiggiamo di lavorare alla costituzione di un partito veramente comunista, e per ciò lavora la nostra frazione nel seno del P.S.I. Ci auguriamo che i primi eventi parlamentari condurranno verso di noi molti compagni, in modo da realizzare la scissione dai socialdemocratici.

Al Congresso hanno votato per noi 67 sezioni con 3417 voti, mentre i massimalisti elezionisti hanno vinto con 48000 voti, e i riformisti ne hanno avuti 14000.

Noi dissentiamo anche dai massimalisti su altre questioni di principio; per brevità vi uniamo una copia del programma approvato dal congresso che è oggi il programma del Partito (col cambiamento del programma nemmeno un socio ha lasciato il partito) con alcune nostre osservazioni.

Occorre notare che non siamo in rapporti di collaborazione coi movimenti fuori dal partito: anarchici e sindacalisti, perché seguono principi non comunisti e contrari alla dittatura proletaria, anzi essi accusano noi di essere più autoritari e centralizzatori degli altri massimalisti del partito. Vedete le polemiche su "Il Soviet".

E’ necessario in Italia un complesso lavoro di chiarificazione del programma e della tattica comunista, a cui noi dedicheremo tutte le nostre forze. Se non si riesce ad organizzare un partito che si occupi unicamente e sistematicamente della propaganda e preparazione comunista nel proletariato, la rivoluzione potrà risolversi in una sconfitta.

Sull’opera tattica e specie in merito alla costituzione dei Soviet, ci pare che si stanno commettendo errori anche dai nostri amici, col pericolo che tutto si limiti ad una modificazione riformistica dei sindacati di mestiere. Si lavora infatti alla costituzione dei comitati di officina, come a Torino, riunendo poi tutti i commissari di una data industria (metallurgica) che prendono la direzione del sindacato professionale col nominarne il comitato esecutivo.

Si resta così fuori dalle funzioni politiche dei Consigli operai a cui occorrerebbe preparare il proletariato, pur essendo, secondo noi, il problema più importante quello di organizzare un potente partito di classe (partito comunista) che prepari la conquista insurrezionale del potere dalle mani del governo borghese.

Sarebbe vivo desiderio nostro conoscere la vostra opinione:
 a) sull’elezionismo parlamentare e comunale e l’opportunità di una decisione in merito della Internazionale Comunista;
 b) sulla scissione del partito italiano;
 c) sul problema tattico della costituzione dei Soviet in regime borghese e sui limiti di tale azione.

Salutiamo voi e il grande proletariato russo pioniere del comunismo universale.

Napoli, 10 novembre 1919
 
 
 
 
 
 
 
 


Frazione Comunista Astensionista del Partito Socialista Italiano
Comitato Centrale
Napoli, Borgo S. Antonio Abate 221

Al Comitato Centrale della III Internazionale Comunista - Mosca

Napoli, 11 Gennaio 1920

Carissimi compagni,

L’11 novembre vi abbiamo indirizzato un’altra nostra comunicazione. Ci serviamo della lingua italiana sapendo che il vostro ufficio è diretto dalla compagna Balabanoff che la conosce benissimo.

Il nostro movimento è stato costituito da coloro che al Congresso di Bologna votarono per la tendenza astensionista. Torniamo a mandarvi il nostro programma e la mozione che lo accompagnava. Speriamo che vi siano giunte le collezioni del nostro giornale Il Soviet e vi mandiamo ora le copie del I e II numero della nuova serie, le cui pubblicazioni si sono iniziate col principio dell’anno.

Scopo della presente lettera è il sottoporvi alcune osservazioni alla lettera del compagno Lenin ai comunisti tedeschi che l’Avanti! del 31 dicembre 1919 riportava dalla Rote Fahne del 20, per chiarirvi bene quale sia il nostro atteggiamento politico.

Richiamiamo anzitutto la vostra attenzione sul fatto che nel Partito Socialista Italiano sono ancora quei socialisti opportunisti tipo Adler e Kautsky, di cui parla nella prima parte la lettera di Lenin. Il partito italiano non è un partito comunista e nemmeno rivoluzionario; la stessa maggioranza "massimalista elezionista" è piuttosto sul terreno degli Indipendenti tedeschi. Noi al congresso ci dividemmo da essa non solo per la tattica elettorale ma altresì per la proposta di esclusione dal partito dei riformisti capitanati da Turati.

La divisione dunque tra noi e quei massimalisti che votarono a Bologna la mozione Serrati non è analoga a quella che separa nel partito comunista tedesco i sostenitori dell’astensionismo da quelli della partecipazione elettorale, ma è piuttosto simile alla divisione tra Comunisti e Indipendenti.

Programmaticamente il nostro punto di vista non ha nulla a che fare con l’anarchismo e il sindacalismo. Siamo fautori del partito politico marxista forte e centralizzato di cui parla Lenin, anzi siamo i più tenaci assertori di questa concezione nel campo massimalista. Non sosteniamo il boicottaggio dei sindacati economici ma la loro conquista da parte dei comunisti, e le nostre direttive sono quelle che leggiamo in una relazione del compagno Zinoviev al congresso del Partito comunista russo pubblicata dall’Avanti! del 1° gennaio.

Quanto ai Consigli operai, essi esistono in Italia solo in alcune località, ma consistono soltanto nei Consigli di fabbrica, composti di commissari di reparto, che si occupano di questioni interne dell’azienda. È invece nostro proposito prendere l’iniziativa della costituzione dei Soviet municipali e rurali, eletti direttamente dalle masse riunite per fabbriche o villaggi, perché pensiamo che nella preparazione della rivoluzione la lotta deve avere carattere prevalentemente politico. Siamo per la partecipazione alle elezioni di qualunque rappresentanza della classe lavoratrice a cui prendono parte solo lavoratori. Siamo invece apertamente avversi alla partecipazione dei comunisti alle elezioni pei parlamenti, consigli comunali o provinciali o costituenti borghesi, perché riteniamo che in tali organismi non sia possibile fare opera rivoluzionaria, e crediamo che l’azione e la preparazione elettorale ostacolino la formazione nella massa lavoratrice della coscienza comunista e la preparazione alla dittatura proletaria in antitesi alla democrazia borghese.

Partecipare a tali organismi ed evitare le deviazioni socialdemocratiche e collaborazioniste, è una soluzione che non esiste in realtà nell’attuale periodo storico, come i fatti dimostreranno anche per l’attuale esperimento parlamentare italiano. Ci conduce a tali conclusioni l’esperienza della lotta condotta dall’ala sinistra del nostro partito dal 1910-1911 ad oggi contro tutti gli inganni del parlamentarismo, in un paese che da lungo periodo è retto a regime democratico borghese: la campagna contro il ministerialismo, i blocchi politici e amministrativi elettorali coi partiti democratici, la massoneria e l’anticlericalismo borghese, ecc. Da questa esperienza traemmo la conclusione che il più grave pericolo per la rivoluzione socialista è la collaborazione colla democrazia borghese sul terreno del riformismo sociale; esperienza generalizzatasi poi nella guerra e negli avvenimenti rivoluzionari di Russia, Germania, Ungheria, etc.

L’intransigenza parlamentare era realizzabile, sempre però tra continui urti e difficoltà, in periodo non rivoluzionario, quando non si prospettava possibile la conquista del potere da parte della classe operaia; e le difficoltà dell’azione parlamentare sono tanto maggiori quanto più il regime e la composizione del parlamento stesso hanno tradizionale carattere democratico. È con questi criteri che noi giudicheremmo i confronti colla partecipazione dei bolscevichi alle elezioni della Duma dopo il 1905.

La tattica seguita dai compagni russi di partecipare alle elezioni per la Costituente e poi di sciogliere colla forza questa stessa assemblea, anche se non ha costituito una condizione sfavorevole al successo sarebbe pericolosa in paesi dove la rappresentanza parlamentare, anziché essere una formazione recente, è un istituto costituito saldamente da molto tempo e radicato nella coscienza e nelle abitudini dello stesso proletariato.

Il lavoro occorrente a predisporre le masse alla abolizione del sistema di rappresentanza democratica appare ed è per noi molto più vasto e sostanziale che in Russia e forse in Germania, e la necessità di dare la massima intensificazione a questa propaganda di svalutamento dell’istituto parlamentare e di eliminazione della sua nefasta influenza controrivoluzionaria ci ha condotti alla tattica astensionista. Contrapponiamo alla attività elettorale la conquista violenta del potere politico da parte del proletariato per la formazione dello Stato dei Consigli, e quindi il nostro astensionismo non discende dalla negazione della necessità di un governo rivoluzionario centralizzato. Siamo anzi contrari alla collaborazione cogli anarchici e i sindacalisti nel movimento rivoluzionario, perché essi non accettano quei criteri di propaganda e di azione.

Le elezioni generali del 16 novembre, pure svolte da parte del P.S.I. sulla piattaforma del massimalismo, hanno ancora una volta provato che l’azione elettorale esclude e fa dimenticare ogni altra attività e soprattutto ogni attività illegale. In Italia il problema non è di unire azione legale ad azione illegale, come Lenin consiglia ai compagni tedeschi, ma di cominciare a diminuire l’attività "legale" per iniziare quella "illegale", che manca affatto.

Il nuovo gruppo parlamentare si è dato a fare opera socialdemocratica e minimalista, presentando interrogazioni, preparando disegni di legge, ecc.

Concludiamo la nostra esposizione col dichiararvi che secondo ogni probabilità, se finora siamo rimasti nel P.S.I. disciplinati alla sua tattica, tra poco tempo e prima forse delle elezioni comunali, che avranno luogo nel luglio, la nostra frazione si separerà dal partito che vuol tenere nel suo seno molti anticomunisti, per costituire il partito comunista italiano, il cui primo atto sarà quello di mandarvi la sua adesione alla Internazionale comunista.

Saluti rivoluzionari.