Partito Comunista Internazionale "Dall’Archivio della Sinistra"
Partito Comunista d’Italia
Sezione della Terza Internazionale
 
IL FRONTE UNICO
(da Il Comunista, 28 ottobre 1921)

 
 
È un primo saggio di come la Sinistra concepisce il fronte unico e l’unità proletaria, ribadendo il concetto, che ritroveremo più affilato nel successivo discorso al IV Congresso dell’I.C., di fronte unico dal “basso”, cioè non come un’alleanza tra partiti. È un vecchio chiodo della Sinistra, che anche di recente l’attuale nostro piccolo partito ha dovuto ribadire per i reiterati tentativi di storcerlo da parte di “sinistri” in vena di acrobazie tattiche “nuove”. Si esalta l’unità sindacale verso cui i comunisti profondono le migliori energie. È il caso di ricordare che si trattava, allora, di sindacati operai, riformisti, tentennoni, collaborazionisti, quanto si voglia, ma sempre di sindacati del proletariato e non di sindacati emananti dal regime totalitario borghese, come quelli di oggi, verso i quali il partito della Sinistra postula l’azione ricostruttrice del proletariato italiano su basi di classe, in assoluta disobbedienza alle direttive delle centrali.

 

Il Partito comunista sostiene in questo momento, nella difficile situazione in cui si trova il proletariato italiano, la necessità della "unità proletaria" e la proposta del "fronte unico" proletario per l’azione contro l’offensiva economica e politica della classe padronale.

Questo atteggiamento, perfettamente coerente coi principi e coi metodi del partito e della Internazionale Comunista, non viene però sempre chiaramente inteso da tutti e neppure da tutti i militanti del partito e gli si dà talvolta un valore diverso da quello vero, deformandolo in modo da venire in urto con tutto l’armonico insieme della tattica del nostro Partito.

Per bene intendere la questione senza cadere in semplicistiche e dannose interpretazioni e attitudini, basta rifarsi ai fondamenti del nostro concetto e del nostro metodo di azione proletaria.

Il comunismo rivoluzionario si basa sull’unità della lotta di emancipazione di tutti gli sfruttati e nello stesso tempo sulla organizzazione ben definita in partito politico di quella "parte" di lavoratori che hanno migliore coscienza delle condizioni della lotta e maggiore decisione di lottare per l’ultima finalità rivoluzionaria, costituendo quindi l’avanguardia della classe operaia.

Dimostrerebbe di nulla avere inteso del programma nostro chi trovasse una contraddizione tra l’invocazione all’unione di tutti i lavoratori e il fatto di staccare una parte di essi dagli altri, organizzandoli in partito con metodi che differiscono da tutti quelli degli altri partiti, ed anche di quelli che si richiamano al proletariato e si dicono rivoluzionari, poiché in verità quei due concetti non hanno che la stessissima origine.

Le prime lotte che i lavoratori conducono contro la classe borghese dominante sono lotte di gruppi più o meno numerosi per finalità parziali ed immediate.

Il Comunismo proclama la necessità di unificare queste lotte nel loro sviluppo, in modo da dare ad esse un obiettivo e un metodo comune, e parla per questo di unità al di sopra delle singole categorie professionali, al di sopra delle situazioni locali, delle frontiere nazionali e di razza. Questa unità non è una somma materiale di individui, ma si consegue attraverso uno spostamento dell’indirizzo della azione di tutti gli individui e gruppi, quando questi sentono di costituire una classe, ossia di avere uno scopo ed un programma comune.

Se dunque nel partito vi è solo una parte di lavoratori, tuttavia in esso vi è la unità del proletariato, in quanto lavoratori di diverso mestiere, di diverse località e nazionalità vi partecipano sullo stesso piano, con le stesse finalità e la stessa regola di organizzazione.

Una unione formale federativa, di sindacati di categoria, o magari un’alleanza di partiti politici del proletariato, pur avendo maggiori effettivi di quelli del partito di classe, non raggiunge il postulato fondamentale della unione di tutti i lavoratori, perché non ha coesione e unicità di scopi e metodi.

Tuttavia i comunisti affermano che la organizzazione sindacale, primo stadio della coscienza e della pratica associativa degli operai, che li pone contro i padroni, sia pure localmente e parzialmente, appunto perché soltanto uno stadio ulteriore di coscienza e di organizzazione delle masse le può condurre sul terreno della lotta centrale contro il regime presente, appunto in ragione del fatto che raccoglie gli operai per la loro comune condizione di sfruttamento economico e, col loro riavvicinamento a quelli di altre località e categorie sindacali, li avvia a formarsi la coscienza di classe; la organizzazione sindacale deve essere unica, è assurdo scinderla sulla base di diverse concezioni del programma di azione generale proletario. È assurdo chiedere al lavoratore che si organizza per la difesa dei suoi interessi quale sia la sua visione generale della lotta proletaria, quale sia la sua opinione politica; egli può non averne nessuna o una errata, ciò non lo rende incompatibile con l’azione del sindacato, da cui trarrà gli elementi del suo ulteriore orientamento. Per questo i comunisti, come sono contro alla scissione dei sindacati, quando la maggioranza degli aderenti o la furberia dei capi opportunisti dà loro una direttiva poco rivoluzionaria, così lavorano per la unificazione delle organizzazioni sindacali oggi divise e tendono ad avere in ogni paese una unica centrale sindacale nazionale.

Qualunque possa essere l’influenza dei capi opportunisti, la unità sindacale è un coefficiente favorevole alla diffusione della ideologia e della organizzazione rivoluzionaria politica, ed il partito di classe fa nel seno del sindacato unico il suo migliore reclutamento e la migliore campagna contro i metodi errati di lotta che da altre parti si prospettano al proletariato.

I comunisti italiani sostengono l’unità proletaria, perché sono convinti che nel seno di un unico organismo sindacale si farà con maggiore rapidità e successo il lavoro di orientamento del proletariato verso il programma politico dell’Internazionale Comunista.

Mentre sullo stesso piano della Internazionale Sindacale Rossa i comunisti italiani lavorano per l’unificazione degli organismi sindacali del proletariato italiano, essi sostengono altrettanto energicamente, anche prima di raggiungere questa unità organizzativa a cui non poche difficoltà si frappongono, la necessità dell’azione d’insieme di tutto il proletariato, oggi che i suoi problemi parziali economici dinanzi all’offensiva dei padroni si fondono in uno solo: quello della comune difesa.

Ancora una volta i comunisti sono convinti che mostrando alle masse che unico è il postulato ed unica deve essere la tattica per poter fronteggiare la minacciata riduzione dei salari, la disoccupazione e tutte le altre manifestazioni di offensiva antioperaia, si renderà più agevole il compito di dimostrare che il proletariato deve avere un programma unico di offensiva rivoluzionaria contro il regime capitalistico, e che questo programma è quello tracciato dalla Internazionale Comunista: lotta condotta dal partito politico di classe contro lo Stato borghese, per la dittatura del proletariato.

Dal "fronte unico" del proletariato sindacalmente organizzato contro la offensiva borghese sorgerà il fronte unico del proletariato sul programma politico del Partito Comunista, dimostrandosi nell’azione e nell’incessante critica insufficiente ogni altro programma.

Unità sindacale e fronte unico proletario contro l’offensiva attuale della borghesia sono tappe che il proletariato deve percorrere per il suo allenamento a lottare secondo gli insegnamenti della storia sulla via dall’avanguardia comunista tracciata.

Unità sindacale e fronte unico proletario il Partito Comunista li sostiene appunto per far trionfare il suo programma ben differenziato da tutti gli altri che vengono prospettati al proletariato, per mettere in evidenza maggiore la sua critica ai tradimenti della socialdemocrazia ed anche agli errori sindacalisti ed anarchici.

Grossolano equivoco è scambiare la formula dell’unificazione sindacale e del fronte unico con quella di un blocco di partiti proletari, o della direzione dell’azione delle masse, in casi contingenti o in movimenti generali, da parte di comitati sorti da un compromesso tra vari partiti e correnti politiche, e immaginare che esse comportino una tregua da parte dei comunisti alla rampogna contro i socialdemocratici ed alla critica di ogni altro metodo di azione che faccia smarrire al proletariato la chiara visione del processo rivoluzionario.

Sarebbe ridicolo per i comunisti nostrani – come per tanto tempo si è fatto da ogni lato e con danno enorme per la preparazione rivoluzionaria del proletariato – corrivi ad ogni piccola o grande occasione a fare omaggio a qualche cosa, a qualche organismo, a qualche atteggiamento, a qualche finalità che, con la ultrafilistea frase, si pone "al di sopra dei partiti".

I comunisti non "nascondono" mai il loro partito, la loro milizia politica, la loro disciplina inviolabile. Queste non sono cose di cui essi debbano arrossire, in nessun caso; poiché non le ha dettate l’interesse personale o una mania di omertà politica, ma solo il bene della causa proletaria; poiché non sono una concessione fatta ad esigenze poco confessabili di "divisione" del proletariato, e sono invece, all’opposto, il contenuto stesso dell’opera di unificazione del proletariato nel suo sforzo di emancipazione. Unità sindacale e fronte unico sono il logico sviluppo e non una forma coperta di pentimento dell’opera dei comunisti italiani nel costituire e nel rafforzare l’arma della lotta rivoluzionaria, il loro Partito, severamente definito e delimitato nella dottrina, nei metodi, nella disciplina organizzativa, volti nell’interesse della unificazione rivoluzionaria della lotta del proletariato contro tutte le deviazioni e tutti gli errori.