Partito Comunista Internazionale "Dall’Archivio della Sinistra"

Corrente di Sinistra nel
Partito Comunista d’Italia
 
 
 
RISPOSTA DELLA SINISTRA AL COMUNICATO DEL C.E. DEL 7 GIUGNO 1925
 
Appendice:
Lettera della Sinistra, 3 luglio 1925
 
 
Il comunicato del C.E. del Partito apparso su l"Unità" del 7 giugno è, per il suo contenuto e la sua forma, di una gravità estrema e rappresenta una grandissima responsabilità che pesa e sarà fatta pesare su coloro che sono alla testa della nostra organizzazione, e che col loro modo di procedere, senza il superiore senso di attaccamento al Partito dei compagni contro cui essi si scagliano, e la loro capacità di tollerare incessanti abusi di potere e violazioni patenti della convivenza normale e statutaria nel Partito, già lo avrebbe seriamente compromesso. Per fortuna il PCd’I, per le basi su cui fu istituito e per la sua tradizione si garantisce ben altrimenti da quanto potrebbe garantirlo il senno di chi oggi lo dirige. La sinistra italiana rifiuta quindi di ingaggiarsi nella manovra prescelta dalla centrale attuale e che si risolverebbe in una gara di minacce e di ricatti ai danni del Partito.

Nella discussione congressuale stabilita che deve aprirsi, la sinistra italiana tornerà a precisare con cura particolare il suo punto di vista teorico sul problema delle frazioni e della disciplina nella Internazionale e nel Partito in maniera superiore al pettegolezzo demagogico. La sinistra italiana, col suo tentativo di sistemare un metodo tattico ed organizzativo marxista, si indirizza pienamente alla realizzazione di un Partito in cui i dispareri interiori e i casi di rottura disciplinari e di contesa per i posti direttivi siano sempre più eliminati. L’opposto metodo preconizzato e seguito dai dirigenti dell’Internazionale e del Partito italiano non ha condotto alla eliminazione delle frazioni e delle crisi organizzative disciplinari: di fatto le frazioni esistono in tutte le sezioni del Comintern. La sinistra italiana non è una frazione e lo dimostra il fatto che essa non conduce una lotta per impossessarsi della dirigenza del Partito, pur essendo unico il caso di un partito in cui sia stata eliminata dal Comintern la direzione che aveva l’appoggio della maggioranza. In pressoché tutti gli altri partiti le opposizioni agiscono in realtà liberamente, salvo che disgraziatamente per conseguenza della maniera inadeguata con cui l’Internazionale viene diretta da vari anni, trovano la linea di minore resistenza nell’ostentare un’ortodossia spesso posticcia verso le direttive degli organi internazionali, per ottenere da questi il sanzionamento della loro lotta nel seno del Partito e per la conquista dei posti direttivi.

Tutto questo sarà chiarito dal dibattito generale: resta intanto affermato che il problema del superamento delle frazioni e tendenze come processo che storicamente caratterizzava i partiti socialdemocratici, non si può ridurre a quello dell’abolizione di autorità e della proibizione a tipo penale delle frazioni e del frazionismo. Come altri fenomeni, non si può ridurre questo alla mala intenzione di taluni mentre è determinato da cause che vanno bene altrimenti indagate ed eliminate e che si riattaccano al metodo generale del Partito. Un rovesciamento demagogico del problema è il ridursi a tuonare contro le conseguenze della divisione e della contesa interna dinnanzi al nemico, mentre con tali incitamenti demagogici si aggrava in effetti la tensione, e la esperienza dimostra che i veri e peggiori frazionisti e sacrificatori del Partito sono stati quelli che hanno abusato di una ostentata affezione per l’unità senza opinioni e senza discussione.

La centrale del Partito italiano da qualche tempo ha cominciato ad agire sempre meno e sempre più insufficientemente quale centrale di un Partito rivoluzionario, per darsi ad agire come CC di una frazione. L’attuale gruppo dirigente del Partito si è formato ed agisce per sua natura come una frazione, e per giunta fino ad oggi come una frazione minoritaria ingrossantesi faticosamente con la conquista di elementi stancati e sfiduciati dello sforzo di portare nel lavoro e nella lotta del Partito un contributo originale di esperienza che superi la rimasticazione di parole a vuoto.

La centrale, contrariamente alle decisioni del V congresso mondiale, aprì, tempo addietro, una vera offensiva frazionistica, sotto la formula ipocrita dell’invito alla sinistra e a certi suoi uomini di partecipare al Comitato Centrale, atta a ingannare i compagni ai congressi federali, che si fecero votare come e quando si ritenne opportuno e con la più disinvolta disuniformità di criterio, gabellata agli ingenui per accentramento e ferrea disciplina bolscevica. L’offensiva intanto continuava sotto forma di boicottaggio all’effettivo e disciplinato lavoro dei compagni di sinistra, e negli ultimi tempi ha terminato con l’arbitraria destituzione degli organi locali tenuti dai compagni di sinistra, negando a questa di farsi giudicare dai compagni per quello che è.

Una centrale che così agisce conserva l’autorità che può restare ad un comitato di tendenza e perde per sola sua colpa l’autorità spontaneamente e liberamente conosciuta che devono necessariamente avere i dirigenti rivoluzionari. La sinistra italiana non pone in forse neanche per una minima parte la ubbidienza di fatto alle disposizioni esecutive della centrale attuale in ordine all’azione tutta del Partito, ma si rifiuta energicamente di lasciar passare tutte le manifestazioni a cui la centrale si abbandona nella qualità effettiva di comitato frazionista senza dare ad esso una adeguata risposta conforme alla verità, all’interesse del Partito e all’esperienza che ritiene di aver accumulato e di dover apportare nella soluzione delle questioni della politica comunista.

La situazione anormale del Partito italiano, esaminata dal C.E. allargato recentemente tenuto a Mosca, lo ha condotto a disporre la immediata convocazione del Congresso per una ampia discussione ideologica sui problemi internazionali, nella quale, pur prendendo i dirigenti del Comintern posizione nettamente contro le nostre tesi, ci accordano tuttavia ampie facoltà di esporle e difenderle a parità di condizioni con ogni altro aggruppamento.

I dirigenti italiani, consci del seguito che ha la sinistra contrariamente a quanto hanno millantato a Mosca in rapporti di ufficio, consci del fatto che una gran massa di compagni, anche non pronunciandosi prima del dibattito in modo definitivo sulle tesi generali della sinistra, sono però, per fermo convincimento e diretta esperienza, scontenti del lavoro e dell’opera dell’attuale Centrale che ritengono deficiente anche sul terreno delle stesse direttive dei dirigenti l’Internazionale, come del resto è stato severamente detto all’Esecutivo Allargato, da qualche tempo mostrano di avere in cima ai loro pensieri, non la condizione del Partito attraverso la difficile situazione politica che si attraversa, ma l’esito della consultazione del Partito e il giudizio che i compagni daranno su di essi stessi dirigenti. Essi vorrebbero una discussione in cui fossero soli a parlare senza possibilità di respingere le più grossolane e insulse affermazioni, una votazione in cui si contassero i soli voti a favore loro. Tergiversano innanzi all’apertura del dibattito sulla stampa e nelle riunioni interne, e utilizzano il ritardo col far circolare insinuazioni e pettegolezzi atti a deviare i compagni dalla retta ed elevata considerazione delle questioni, alla quale solo noi vogliamo fermamente attenerci.

Fa parte di questa manovra il tentativo di colpire la sinistra o alcuni compagni di essa per il minimo che fanno in risposta alle accorte ma acute provocazioni cui sono sottoposti, prima del Congresso e prima del dibattito, spostando la politica ad un terreno in cui il comitato frazionistico dei centro-destri sia solo a parlare, usurpando la sua qualità di detentore della direzione del Partito. Così si potrà cestinare le risposte ad affermazioni mirabolanti come quelle che noi siamo i destri, i pessimisti, gli sfiduciati, gli imbevuti di pregiudizi socialdemocratici, asserzioni che si possono avanzare nei confronti dei modesti ma noti elementi della sinistra solo a somiglianza delle ingiurie che si osano lanciare ad avversari ben legati e imbavagliati.

La sinistra italiana si rivolge all’Internazionale e all’eventuale residuo senso di misura e di responsabilità del C.C. del Partito per dichiarare che esige che, conformemente le decisioni dell’Allargato, non deve essere permesso spostare il terreno della discussione su quello delle sanzioni e misure disciplinari. Fino al Congresso nessun compagno deve comunque essere impedito di partecipare alla discussione e di accordarsi con altri partecipanti. La sola via di risolvere la crisi sta nell’aprire questo sfiatatoio del dibattito generale e nel ridare al Partito la facoltà di cui tutti gli altri Partiti comunisti usufruiscono e di cui troppo a lungo è stato privato. Non è possibile continuare in una compressione delittuosa, solo perché corre pericolo la approvazione o meno dell’opera politica di certi uomini. La sinistra italiana, dal canto suo, si impegna in modo formale a non abusare in nessun senso della seria e limitata libertà di discussione e di propaganda interna, qualunque sia l’esito delle votazioni del Congresso; mentre in caso opposto lascia alla centrale attuale e all’Internazionale la responsabilità delle conseguenze, pur esprimendo la sicurezza assoluta che il Partito tollererà senza piegare né spezzarsi anche altre eventuali rischiose e puerili esperienze di questa chirurgia organizzativa e disciplinare da ciarlatani.

Dirigersi al Partito e all’Internazionale significa per noi comunicare questo appello ed altri nostri documenti a tutti i militanti del Partito e dell’Internazionale, oltre che agli organi direttivi. Nell’insistere formalmente perché l’Esecutivo internazionale metta in sospensiva le misure arbitrarie della centrale italiana, alieni da ogni demagogia e da ogni manovra, dichiariamo che nella discussione intendiamo criticare e dibattere in pieno soprattutto le direttive ed il lavoro dei dirigenti dell’Internazionale, da cui su molti punti dissentiamo. Al congresso i delegati investiti dal Partito con pienezza di poteri potranno risolvere, con i rappresentanti dell’Esecutivo internazionale, ogni questione inerente alla sistemazione della crisi interna organizzativa e disciplinare. Ma non si deve permettere l’enormità di stroncare il Partito prima di consultarlo. La sola tendenza a impressionare e ricattare così il Congresso sovrano, che il Partito, solo nell’Internazionale, tiene dopo 4 anni, giudica senz’altro la frazione che viene oggi ad avere nelle sue mani la dirigenza del Partito, e che deve essere fermata nella sua opera insensata prima che questa produca peggiori conseguenze.

La Sinistra italiana rivendica il diritto di avere fino al Congresso un Comitato di Intesa e di stare internamente in rapporto per la preparazione alla discussione, anche indipendentemente dal fatto che gli atti preparatori del Congresso demandati all’attuale Centrale non affidano nessuno per la loro imparzialità.

Luigi Repossi - Onorato Damen - Bruno Fortichiari - Mario Manfredi - Mario Lanfranchi
 

(Da L’Unità, 3 luglio 1925)

 
 
 
 
 
 


Lettera del 3-7-25

Cari compagni

Il Comitato d’Intesa non tarderà a rispondere all’invito dell’Internazionale.

Chiedo di fare per il momento poche dichiarazioni, visto che la Centrale ha creduto di trasformarne, come al solito, un articolo polemico che tornea intorno al sottoscritto in un comunicato ufficiale.

Premetto, in merito al telegramma del Presidium, che mai ho invocato un trattamento speciale agli effetti della disciplina e mai mi sono poggiato per questo sulla qualità di membro del Comitato Esecutivo dell’Internazionale, qualità al solito impostami e che non rifiutai solo per evitare lo inscenamento di uno dei soliti “can-can”.

Al Comitato Esecutivo ho diretto un telegramma che potete pubblicare se credete, facendo semplicemente una proposta al Comitato Esecutivo stesso, diritto che non mi si può contestare.

Venendo al comunicato della Centrale, che riceverà esauriente risposta, nella discussione polemica, non posso ricambiare il complimento fatto alla mia serenità in confronto di altre dichiarazioni della sinistra, alcune della quale ho scritto io stesso, mentre solidarizzo con tutte. E non posso ricambiare perché la Centrale continua nel sistema delle asserzioni senza fondamento, facendo delle divergenze fra noi e l’Internazionale una storia assolutamente mirabolante.

Smentisco per ora la più sballata di tali asserzioni, che cioè io abbia all’Esecutivo Allargato del giugno ’22 dichiarato di abbandonare le Tesi di Roma. I documenti già apparsi su “Stato operaio” l’anno scorso dicono il contrario ed io li citerò largamente in appresso.

Parimenti inesatta e arbitraria è l’asserzione che segue, che cioè al IV Congresso Mondiale la maggioranza dei delegati italiani abbia votato sempre contro le mie Tesi.

Smentisco anche energicamente che compagni della sinistra parlino a favore della scissione del Partito, intenzione che non si potrebbe abbastanza indegnamente deplorare.

Ripeto che con questi sistemi non si fa che danneggiare e scoraggiare il Partito.

Con saluti comunisti
 
Amadeo Bordiga.
 

(Da L’Unità, 22 luglio 1925)