Partito Comunista Internazionale Dall’Archivio della Sinistra

"Prometeo"

 

LA GUERRA CHE VIENE
(Prometeo n.6, 15 settembre 1928)

La questione del disarmo
Il patto Kellog
«La guerra che viene»


 
 
 

Nel numero precedente abbiamo richiamato l’opinione dei nostri maestri sul problema della guerra, che – prodotto fatale delle contraddizioni dell’economia capitalistica – quando si manifesta nell’epoca imperialista, nell’ultima fase del capitalismo, indica la maturità raggiunta dallo sviluppo delle forze di produzione pone le premesse per la trasformazione dell’economia verso il socialismo, trasformazione la cui pregiudiziale condizione fondamentale consiste nell’insurrezione proletaria per la conquista del potere politico, per la distruzione della macchina statale del capitalismo e per l’instaurazione della dittatura della classe proletaria.

Come nel 1914 il dilemma si pone: o la lotta per la guerra imperialista, o la lotta per la rivoluzione attraverso la trasformazione della guerra imperialista in guerra civile. Come nel 1914 oggi, la socialdemocrazia – nel suo congresso di Bruxelles – ha scelto la prima alternativa ed, a questo scopo, ha allineato le "milizie socialiste" che rivendicano il loro programma nella preparazione degli eserciti. Questo programma militare socialista, che poggia sulla riduzione della coscrizione obbligatoria; sull’organizzazione dei quadri di carrieristi specialisti, sulla statizzazione dei sindacati (o sulla personalità civile che fa dei sindacati un’organizzazione al servizio dello Stato capitalista), sulla mobilitazione di tutta la popolazione, questo programma militare dei socialisti è quello che meglio corrisponde alle esigenze tecniche ed ideologiche dei futuri macelli ed è perciò che si deve affermare che il recente Congresso Internazionale della socialdemocrazia ha rappresentato un tentativo, di capitale importanza, di unificazione dei partiti socialisti (che riflettono le contraddizioni di interessi fra i loro rispettivi governi) sul piano di una coordinazione per la valida lotta contro il proletariato rivoluzionario al fine di sommergere l’eventualità della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile e per la rivoluzione, nel macello fratricida dei proletari.

Ma Vandervelde ha parlato di "lotta per la pace e contro la guerra".

Ma Kellog ha presentato il progetto per mettere la "guerra fuori legge".

Ma, a Ginevra in questi giorni si saluta il patto Kellog ed il socialdemocratico Müller – cancelliere di Hindenburg – chiede che si dia attuazione a questo patto convocando rapidamente la Conferenza per il disarmo, e Renaudel propone una Conferenza fra i partiti socialisti di Francia, Germania, Inghilterra per esaminare la questione dell’evacuazione della Renania, mentre a Ginevra, la frazione socialista della Società delle Nazioni – Breitscheid e Paul Boncour – opera nello stesso senso.

Ma Litvinov che aveva già presentato il progetto soviettista per il disarmo universale porta l’adesione russa al patto Kellog e proclama che si proceda "realmente" nel cammino del disarmo.
 

LA QUESTIONE DEL DISARMO

Lenin ci ha insegnato che il "tapage" intorno alla pace, si sviluppa proprio, quando più fervono i preparativi per la guerra. I fatti lo provano. Mai – nel dopo guerra – avevamo assistito, come in questi tempi, alle grandi manovre terrestri, aeree e marittime, alla corsa galoppante verso gli armamenti.

Ed allora, il "tapage" per la pace si manifesta in realtà per quello che esso è. Come il "tapage" della difesa della democrazia contro il kaiserismo, fu il veicolo con cui il capitalismo riuscì a gettare il proletariato nella guerra, così il "tapage" sul disarmo è il veicolo per cui i governi borghesi di destra e socialisti si servono per deviare l’attenzione del proletariato comunista dai preparativi di guerra e per corrompere la coscienza delle masse facendole confluire verso l’attesa della pace per impedire che – alla luce delle terribili esperienze del passato – questa coscienza si agguerrisca nella visione della lotta per la rivoluzione proletaria. E quando il giorno sarà venuto, non mancherà ai Poincarè e ai Vandervelde, il modo di provare che la guerra viene dichiarata in stretta osservanza del patto che la metteva fuori legge. La prova sarà allora delle più crudeli per il proletariato comunista contro cui si scatenerà una reazione bestiale per strangolare la sua azione e la sua propaganda in questi periodi decisivi.

Ma quale deve essere a questo proposito la posizione dei comunisti nei paesi imperialisti ed anche laddove il proletariato ha conquistato il potere politico? È quella di dichiarare che, essendo la guerra inevitabile finché esisterà un regime basato sull’oppressione di classe, tutta la propaganda svolta per il disarmo, non è che il veicolo per preparare ideologicamente le masse alla guerra. Che questa propaganda per il disarmo svolta a "disarmare" oggi ideologicamente le masse per meglio "disarmare" domani la guerra civile quando la guerra scoppierà, che essa è svolta a corrompere ed a "disarmare" l’entusiasmo con cui il proletariato mondiale salutò le armate rosse di Russia, le armate della rivoluzione russa e mondiale.

La posizione comunista è il contrario di quella tenuta oggi dai partiti comunisti che può essere giudicata una posizione di "estrema sinistra", a lato della socialdemocrazia, nell’insieme dei "disarmatori" ove si presentano le proposte per il reale (!) disarmo.

D’altronde la logica dei fatti è chiarissima anche oggi. Malgrado la falsa posizione dei partiti comunisti, anche su questa questione il capitalismo – cosciente del pericolo rappresentato da queste organizzazioni ove il proletariato comunista è organizzato – scatena il suo terrore legale ed illegale. Ivry e Saint-Denis ne sono una dimostrazione eloquente.

Noi dobbiamo "armare" la coscienza del proletariato nella convinzione che tutta la propaganda del pacifismo governativo, clericale e socialista serve a coprire i preparativi della guerra non solo, ma che essa serve soprattutto a corrompere la coscienza delle masse che noi dobbiamo fin d’oggi instradare verso la guerra civile, e non verso lo sbandamento, l’inazione. Su questa linea dello sbandamento cade la politica dell’opportunismo comunista che, muovendosi con la colpevole illusione che la tattica comunista consista solamente nello smascheramento della socialdemocrazia, falsa tutta la preparazione che i partiti comunisti dovrebbero fare su questa questione d’importanza capitale.

Nel campo ideologico il capitalismo opera sia attraverso la "fraseologia pacifista" (servendosi a questo scopo del valido sostegno dell’organizzazione socialista), sia attraverso la propaganda chauvinista nelle scuole, nelle società sportive ed in mille altre organizzazioni. In tutti e due i campi la borghesia ha ottenuto dei successi; in tutti e due i campi occorre l’intervento del proletariato comunista sulla base dei ricordati criteri fondamentali di classe.
 

IL PATTO KELLOG

L’adesione della Russia al patto Kellog è un atto che contrasta con gli interessi del proletariato russo ed internazionale perché compromette seriamente lo sforzo che il proletariato deve compiere per smontare – colpendola nel vivo – la macchinazione capitalista del disarmo.

Le analisi che fin’ora aveva sempre fatto l’Internazionale sulle "trattative per la pace", sugli accordi per la "riduzione degli armamenti" ci avevano insegnato ad intravedere, al di là della farsa delle frasi, la realtà di un accordo economico, politico e militare fra gl’imperialisti contraenti. Analogamente doveva farsi per il patto Kellog. Esso è in realtà e nello stesso tempo, una farsa quanto agli accordi militari che lo hanno preceduto ed agli interessi degli imperialismi che erano in causa. Nella sala dell’Orologio di Parigi, un contraente, l’America, aveva radunato una serie d’altri contraenti (gli Stati imperialisti d’Europa) ed il rapporto era quello dell’unico sovrano Kellog di fronte ai molteplici satelliti. Questo famoso patto ha indicato il grado della supremazia americana nell’economia mondiale manifestatasi quando i governi imperialisti ed i partiti socialisti d’Europa cercavano una linea di compromesso ai loro antagonismi per stabilire un fronte comune di resistenza.

Un anno prima era stato il proletariato d’Europa a scatenare delle agitazioni contro l’imperialismo yankee e contro il capitalismo d’Europa: questo in occasione delle formidabili agitazioni Sacco e Vanzetti.

Quest’anno la forza essenziale della rigenerazione europea, il proletariato rivoluzionario ha perduto molte posizioni di forza (soprattutto nel punto più importante, nella Russia sovietica) e sullo scacchiere mondiale, si profilano – come i decisivi – gli antagonismi tra i diversi imperialismi.

Il patto Kellog è stato preceduto dal "patto contro Kellog" come il compagno Lapinski definisce giustamente l’accordo navale franco-britannico che, sotto l’immancabile insegna della pace, mirava ad una estensione dei sottomarini francesi, allo scopo di determinare una intesa fattiva contro gli Stati Uniti e di orientare un piano di sviluppo della politica generale europea tale da comprendervi anche la Germania. Naturalmente questo piano incontra difficoltà enormi manifestatesi d’altronde nelle conversazioni ginevrine di questi giorni ove le direttive espresse da Poincarè nel discorso di Carcassonne, a proposito della mobilitazione delle obbligazioni renane, pare si siano scontrate con la prima risposta americana al compromesso franco-inglese.

La Russia Soviettista invece di aderire al patto Kellog, avrebbe dovuto svelare la reale natura, presentando – al proletariato mondiale – tutte le parti di questa macchina di guerra soprattutto in relazione con l’andamento della Conferenza Navale del 1927. La Russia Soviettista non doveva mancare, in quest’importante circostanza, di sottolineare la trama nascosta dietro le frasi, e che uno Stato proletario deve denunciare apertamente e non dare ad essa il suo appoggio sia pure con delle inefficaci riserve.
 

"LA GUERRA CHE VIENE"

Sul piano della manifestazione degli antagonismi dell’economia borghese, l’esperienza ci ha dimostrato che per quanto l’antagonismo essenziale di classe è il dominante e rode le viscere della società capitalista, quando le posizioni di forza del proletariato comunista non solo tali da schierare nel combattimento la forza delle masse (ed allora un fronte unico si stabilisce immediatamente tra i governi imperialisti – reazionari e socialisti – come durante la Comune, nel periodo 1918-21 contro la rivoluzione russa, nel 1927 contro la rivoluzione cinese), allora gli urti tra gli interessi particolari dei gruppi capitalisti diventano gli elementi motori di situazioni determinate. Questo ha naturalmente una durata provvisoria, giacché successivamente – come le battaglie rivoluzionarie di dopoguerra lo provano – la manifestazione del conflitto rivoluzionario di classe riprende il suo inevitabile sopravvento. A questa stregua è evidente che l’uscita dalla situazione attuale è dominata da questo dilemma: o la rivoluzione o la guerra. Se il proletariato d’Europa riuscirà a fare la rivoluzione, non avremo la guerra, altrimenti avremo la guerra.

È evidente che se giungeremo alla guerra, questo dipenderà unicamente dal fatto che l’offensiva controrivoluzionaria del capitalismo ha raggiunto dei risultati positivi abbastanza importanti. Ma è altrettanto evidente che per arrestare l’offensiva del capitalismo è necessaria ed indispensabile una politica ferma e chiara dei partiti comunisti. Disgraziatamente, la situazione imposta nella Russia Soviettista e nell’Internazionale Comunista, alla sinistra, ed il trionfo dell’opportunismo, sono elementi tali da compromettere seriamente l’azione del proletariato.

Tutto il nodo della questione d’oggi è qui: riuscirà il proletariato a cacciare dalle sue file l’opportunismo, prima che i successi controrivoluzionari del capitalismo siano tali che un nuovo 1914 si presenti? Nel precedente articolo abbiamo detto che la situazione attuale del proletariato è sintetizzata in due nomi: Bordiga ad Ustica, Trotzki – uno dei capi della guerra civile mondiale – in Siberia. I rapporti fra le classi sono indicati dalla situazione di questi due grandi capi. Se il proletariato rivoluzionario riuscirà a rimetterli alla sua testa, esso avrà posto una condizione fondamentale di successo perché ciò dimostrerà che esso avrà ripreso la sua marcia offensiva. Se gli avvenimenti dovessero svolgersi in opposta direzione – soprattutto nella Russia Soviettista – allora molto più cruenta e difficile sarà la lotta rivoluzionaria ma questa non mancherà di giungere alla vittoria sulla via che i maestri del marxismo ci hanno insegnato e nel corso della lotta contro il tradimento socialista e contro l’opportunismo centrista.

(Prometeo, n. 6, 15 settembre 1928)