Partito Comunista Internazionale Dall’Archivio della Sinistra

"Prometeo" sui fatti di Spagna

 

La repubblica in Ispagna
(Prometeo, n. 52, 17 maggio 1931)


 
 

L’ambiente nel quale il capitalismo di tutti i paesi vuole contenere gli avvenimenti di Spagna, è quello del cosiddetto omaggio alla volontà "popolare" che si sarebbe espressa in occasione delle elezioni municipali. Una maggioranza essendosi affermata in favore della repubblica, la sovranità popolare avrebbe portato all’allontanamento del re ed alla proclamazione della repubblica. Su questo tema la socialdemocrazia eleva osanna di trionfi, presenta la reazione battuta in Ispagna, mentre su scala internazionale essa riceve un colpo mortale.

Senza "una goccia di sangue", la partita sarebbe stata guadagnata dal "popolo", e l’epoca della graduale trasformazione verso il socialismo sarebbe oggi finalmente inaugurata per la solida garanzia offerta dalla presenza di ministri socialisti nel gabinetto provvisorio.

Lo sviluppo degli avvenimenti viene contenuto nei quadri delle elezioni per le Cortes costituenti che saranno chiamate a regolare definitivamente l’evoluzione degli avvenimenti anche stavolta comandati "dalla volontà libera del popolo".

Il governo della repubblica francese, per intendersi di quella repubblica dove il popolo sarebbe libero da oltre un secolo, quel governo che prova questa libertà scannando i proletari in Indocina, facendo ricorso alla repressione brutale contro le organizzazioni rivoluzionarie, questo governo ha inviato il suo saluto augurale alla "giovane repubblica", sempre in base ai sacri principi e non certamente in relazione alle combinazioni imperialiste internazionali, ed in particolare alla difesa delle posizioni coloniali del Marocco.

Nel frastuono di queste fanfare, i comunisti affermano nettamente che il cambiamento di regime in Ispagna non muta in nulla l’assetto fondamentale del regime di classe, e che questo stesso mutamento non è affatto il risultato della cosiddetta sovranità popolare, ma risponde proprio ai fini di impedire che il "popolo lavoratore" riesca a trovare nella classe proletaria la guida per la sua liberazione.

In occasione delle manifestazioni della vita sociale e di classe, noi siamo sempre alla presenza di due fattori essenziali: da una parte la tendenza degli avvenimenti guidati dalla forza motrice della lotta delle classi, dall’altra parte l’azione delle classi in presenza di questi avvenimenti per risolverli nella direzione dei loro interessi particolari. Tanto più gravi sono le manifestazioni esteriori della vita sociale, tanto più forte il corso degli avvenimenti, tanto più nette ed audaci sono le stesse manifestazioni dell’azione delle classi.

L’assetto attuale dell’economia capitalista vede non solamente manifestarsi la rivolta delle forze di produzione dell’industria contro le barriere della difesa del regime del privilegio della borghesia, ma vede altresì l’impossibilità di contenere la massa dei prodotti dell’agricoltura, dove l’industrializzazione ha sconvolto i vecchi precedenti rapporti, nel quadro sempre più limitato e ristretto delle capacità di acquisto delle masse condannate alla disoccupazione ed ai salari di fame. I trust internazionali trovano ancora la possibilità di istituire delle intese per limitare la produzione industriale, mentre più difficile resta l’intesa per attenuare le barriere doganali che difendono l’uno dall’altro centro della produzione agricola.

Il prevalere, nell’attuale crisi economica mondiale, del dissesto agricolo si spiega soprattutto con l’impossibilità di ridurre la produzione agricola nei limiti consentiti dalle condizioni di vita che il capitalismo deve imporre alle masse lavoratrici per assicurare la difesa del suo privilegio di classe. La corsa ai procedimenti industriali in agricoltura può essere difficilmente arrestata ed un recente studio di economista borghesi valutava la potenzialità della produzione nell’agricoltura aumentata di cinque volte rispetto all’ante-guerra. Ed è evidente che gli imperialismi più privilegiati sono quelli che – in questo nuovo ambiente di produzione – riescono, con le barriere doganali e le intese per la "pace" a meglio difendere le loro posizioni nei mercati internazionali, mentre gli altri centri capitalisti devono fare la parte più grossa delle difficoltà imposte dall’accentuarsi della crisi mondiale.

La Spagna appartiene giustamente a quei paesi imperialisti che sono costretti a risentire in modo diretto i più gravi contraccolpi della crisi. E nel quadro di questi avvenimenti mondiali, tutto il regime su cui si basava il capitalismo in Ispagna viene oggi sconvolto, le classi percorrono in un tempo limitato il loro cammino, e gli avvenimenti si dispongono nella serie del loro precipitare.

In Spagna il capitalismo era stato costretto ad organizzare il suo dominio nel quadro dei rapporti sociali che vedevano la persistenza massiva dei rapporti economici propri del medio-evo nelle campagne e delle istituzioni politiche che vi corrispondono, attraverso l’armata dei preti che trovavano nel cacichismo la forma particolare di giunzione con l’istituto della monarchia.

Un tale congegno di rapporti sociali doveva sfaldarsi per le ripercussioni degli avvenimenti della crisi mondiale. È certo che una diversa situazione internazionale avrebbe visto gli avvenimenti spagnoli orientarsi verso uno sbocco immediatamente rivoluzionario mentre il proletariato in pochi mesi avrebbe percorso il cammino che altrove ha imposto un corso di decenni e sarebbe rapidamente riuscito a costruirsi il partito comunista, l’organo fondamentale della sua vittoria. Un processo di sfaldamento analogo a quello spagnuolo si era verificato in Russia nel 1917: la guerra offrì a quegli avvenimenti l’occasione di centralizzare e di polarizzare su scala mondiale la risposta rivoluzionaria e comunista alla catastrofe che aveva avuto inizio con la guerra. I movimenti contadini che aprirono le situazioni rivoluzionarie in Russia, si conchiusero con la vittoria della dittatura proletaria per le ricordate circostanze internazionali.

Un diverso concorso degli avvenimenti mondiali ci fa assistere temporaneamente al fatto che il logoro sistema di rapporti sociali nelle campagne di Spagna si esprima nella proclamazione della repubblica, mentre il movimento specifico del proletariato non interviene ancora come l’elemento essenziale di precipitazione della situazione.

Ma gli elementi essenziali nella fase mortale che il capitalismo vive in tutto il mondo danno alla repubblica spagnola il suo particolare carattere. Non si tratta menomamente di una azione nella quale un incontro anche momentaneo si verifica tra la borghesia ed il proletariato, mentre successivamente il "compagnon de route" (Marx), riprende il suo cammino contro la stessa borghesia. Si tratta di ben altro. Questi avvenimenti che vedono il proletariato marciare di concerto colla borghesia per attuare lo schiantamento delle forze dell’economia medio-evale, sono relegati definitivamente al secolo scorso. L’organizzazione signorile che vede 30 sui 50 milioni d’ettari che conta la Spagna abbandonati ed incolti, mentre l’ultimo gradino del locatario del latifondo, il "pejugalero" lavora 12 ore per un salario di 5 lire, ed il signore non conosce i suoi domini che per i titoli nobiliari che gli apportano ed il reddito che ne ritira attraverso un’amministrazione centrale che non dirige, tutta questa organizzazione può essere unicamente spezzata, distrutta da una rivoluzione comunista della classe proletaria in lotta accanita contro la classe capitalista.

La repubblica in Ispagna non significa quindi menomante un passo diretto verso la distruzione dei vecchi rapporti di classe, un passo verso la superstruttura politica appropriata ai nuovi rapporti e cioè un passo verso la vittoria del proletariato che può coincidere con la liberazione delle nuove forze dell’economia e delle masse sfruttate.

La proclamazione della repubblica esprime nettamente la manovra cui fa ricorso il capitalismo per fronteggiare una fase particolarmente acuta della crisi economica e dello sfaldamento dei vecchi rapporti su cui è basato il suo dominio. Naturalmente questa manovra significa che questi rapporti non vengono in realtà affatto modificati dal nuovo decoro "repubblicano" del regime capitalista. Questo viene confermato non solamente dall’unanimità che va dai socialdemocratici allo stesso re in onore della nuova repubblica, ma altresì dal fatto che le stesse manifestazioni cosiddette "rivoluzionarie" della prima vita del governo provvisorio lasciano intatto tutto il vecchio apparato di dominazione di classe, proclamano la difesa della proprietà privata, mentre le stesse rivendicazioni della classe borghese che avevano contrassegnato le rivoluzioni del secolo scorso, non figurano affatto nella attuale politica del capitalismo in Ispagna.

Si tratta di evitare l’apparizione irrompente del movimento di classe del proletariato, ed a questo scopo la repubblica è stata proclamata. È significativo a questo proposito il fatto che il presidente del governo provvisorio, Alcalá Zamora, confidava al messo reale Romanonès la necessità che il re decidesse il suo allontanamento prima dell’uscita degli operai delle fabbriche.

Di più, la proclamazione della repubblica dimostra il successo della manovra del capitalismo di contenere il corso degli avvenimenti difficili che esso traversa senza scontrarsi nell’intervento violento del movimento del proletariato. Dopo la caduta di De Rivera, le successive modificazioni ministeriali sono state tutte comandate da questa fondamentale preoccupazione del capitalismo, e si deve rilevare, malgrado lo stato arretrato dell’economia spagnola, quella borghesia ha fatto prova di una sagacia e di una grande abilità. In ogni occasione la minaccia dei movimenti proletari è stata evitata, e possiamo dire che siamo in presenza di una esperienza unica che vede lo svolgersi di avvenimenti tanto importanti senza che si sia ancora verificato né lo scatenamento di un sciopero generale, né la reale preparazione di questa tipica manifestazione dell’azione della classe lavoratrice.

Ma per bene prospettarci il delinearsi degli avvenimenti occorre tenere presente che il corso degli avvenimenti non è regolato essenzialmente dalle azioni politiche delle classi, ma fondamentalmente dai motivi motrici della lotta delle classi. Questi motivi si ricollegano alla crisi mondiale economica con le sue particolarità agrarie, ed allo sfaldamento del sistema su cui poggia il sistema capitalista in Ispagna.

Ora questi fattori sono destinati a precipitare. Se senza una goccia di sangue la repubblica è stata proclamata, gli è che una tale sostituzione di decoro repubblicano al monarchico aspetto dell’apparato di dominio del capitalismo, non valeva davvero una goccia di sangue. Ma siccome nessuno dei problemi imposti dalla doppia crisi attuale è stato e poteva essere risolto, siccome questa crisi non è affatto arginata, gli avvenimenti conosceranno sicuramente i combattimenti di classe i quali non si conchiuderanno senza le gocce di sangue, ma seguiranno il corso inesorabile della violenza e si conchiuderanno nella presentazione di occasioni rivoluzionarie definitive.

Non una goccia di sangue valgono i provvedimenti agrari decisi dal governo provvisorio e che si riducono nel programma della coltivazione obbligatoria delle terre incolte, nell’intervento dello Stato in favore dei grandi proprietari che non vogliono investire i loro capitali per l’irrigazione di queste terre, e nella concessione ai contadini del fardello di debiti che annulla ogni possibilità di gestione di queste terre.

Nell’altro campo, in quello più direttamente proletario, non una goccia di sangue valgono le misure che istituiscono il regime dell’arbitrato obbligatorio per i conflitti salariali; quello stesso regime che il capitalismo inglese è riuscito ad imporre grazie all’appoggio tradeunionista.

Ma le forze che hanno aperto la crisi non si arrestano a queste soluzioni ed a questi compromessi estremamente fragili. Le cause profonde della crisi e, con esse, le classi, sono destinate all’urto, allo scontro, alla battaglia.

Di fronte a questa sicura prospettiva, non solamente assisteremo al sotterramento delle manifestazioni idilliache del tipo di quella del 14 aprile, ma altresì assisteremo alla impossibilità, per il capitalismo di contenere la zona industriale più avanzata, la Catalogna, nel quadro di una lotta per la separazione della Spagna e per la costituzione dello Stato catalano. E qui noi non vogliamo affatto riferirci al particolare assetto che potrebbe avere l’organizzazione della dittatura proletaria in Ispagna che potrebbe seguire la costituzione soviettista, ma alla parola d’ordine e al movimento che ritenesse di potere giungere all’insurrezione proletaria, impostando il problema della lotta per la separazione catalana.

Questa rivendicazione non ha alcun carattere proletario comunista, essa non rappresenta che una diversione che il capitalismo cercherà di ventilare – come d’altronde ha fatto finora – per impedire giustamente che la parte più avanzata del proletariato spagnolo unifichi e centralizzi l’azione proletaria di tutto il proletariato. Sulle tracce di Marx, Lenin ci ha spiegato che gli elementi che permettono di impostare la questione nazionale sono quelli che si riferiscono non solamente alla presenza dei rapporti di classe precapitalisti, ma, altresì alla presenza di classi al governo precapitaliste. In Ispagna invece, sulla trama complessa di rapporti precapitalisti e di rapporti social-capitalisti, noi siamo in presenza di una classe di governo borghese, e questa nozione fondamentale ci permette di ritenere che il separatismo catalano non ha nulla a che vedere con il programma comunista della lotta per la dittatura proletaria.

È noto che per quanto concerne l’azione di classe di fronte agli avvenimenti l’elemento essenziale è fornito – per il proletariato – dal partito di classe. Questo partito non esiste ancora in Ispagna. E questo ha fatto dire al ministro Maura, in una intervista con un giornalista borghese, che la Spagna è lungi dal conoscere una ripetizione degli avvenimenti russi del 1917 perché manca un Lenin.

Il problema consiste ora nello stabilire come un partito potrà essere forgiato adesso che siamo alla presenza delle condizioni più favorevoli alla costituzione di quest’organismo ed alla sua lotta. Date le condizioni internazionali cui trovasi l’Internazionale Comunista, la costruzione di questo partito resta solamente in funzione dell’azione politica dell’opposizione di sinistra in Spagna. Se questa opposizione riuscisse a risolvere il problema delle basi politiche del partito, successivamente e solo dopo si aprirebbe l’eventualità dell’apporto diretto degli avvenimenti spagnoli ai problemi della crisi comunista internazionale.

Ma il problema essenziale su cui può basarsi il partito in Ispagna è il seguente: il capitalismo solleva dei problemi che hanno costituito il tema delle rivoluzioni borghesi negli altri paesi, ma è condannato a non poterli risolvere. D’altra parte questi stessi problemi sono insolubili presi in loro stessi e possono trovare una loro soluzione alla sola condizione di legarli con le rivendicazioni proprie della rivoluzione comunista.

Se il capitalismo li solleva oggi in Ispagna è per impedire che la giunzione si verifichi con il movimento diretto all’insurrezione per la dittatura proletaria. Il partito del proletariato, in questa situazione, deve appropriarsi, sia pure temporaneamente, di queste rivendicazioni oppure deve esso svelare la natura delle esercitazioni demagogiche compiute oggi dalla borghesia, ed impostare tutta la sua azione sulla base cardinale della lotta per la rivoluzione comunista? A nostro avviso è solamente in questa seconda direzione che un partito può costruirsi in Ispagna.

Nella prima direzione invece, il partito non diventa che l’ala sinistra del blocco uniforme che non si orienta affatto verso la soluzione proletaria della crisi, ma che si orienta verso l’opposto precipitare delle situazioni in favore dell’azione di classe sviluppata dal capitalismo.

Non è questa la prima occasione in cui la svolta degli avvenimenti vede un proletariato di fronte all’alternativa della lotta per la rivoluzione comunista, unica posta che potrà salvarlo dallo schiantamento reazionario di tutte le sue organizzazioni. Quando gli avvenimenti vedono l’incompatibilità per il capitalismo di vivere sulle basi della democrazia che hanno reso classico il suo dominio nella maggior parte dei paesi d’Europa, l’occasione è propizia per il proletariato di distruggere questi inganni, altrimenti gli avvenimenti stessi si incaricano di distruggere questi inganni e il capitalismo – dopo averli ventilati per allontanare i movimenti del proletariato – li sotterra e fa avanzare le armate della reazione bianca. Questo è anche l’insegnamento capitale dell’esperienza italiana.

E sulle tracce di questa esperienza, della vittoria in Russia, delle disfatte rivoluzionarie negli altri paesi, il proletariato spagnolo, in presenza di condizioni estremamente favorevoli, riuscirà a fondarsi il suo partito, a darsi la sua condizione pregiudiziale di vittoria, giacché se questo non sapesse fare, esso si condanna ad essere schiacciato dal capitalismo. La repubblica spagnuola sarà seguita dalla repubblica sovietica od essa diventerà il decoro più appropriato alla reazione più spietata contro il proletariato. E per andare verso la Repubblica Soviettista la prima condizione da realizzare è quella di regalare ai ciarlatani della socialdemocrazia tutto il bagaglio reazionario della democrazia e del separatismo catalano.