Partito Comunista Internazionale "Dall’Archivio della Sinistra"

"Prometeo"
 

Verso la nuova Unione Sacra
(Prometeo n. 108, agosto 1934)

 

«I social-traditori non sono coloro con i quali è possibile scambiare una stretta di mano fraterna. Non è l’unità che bisogna apportar loro, ma la battaglia!» (Karl Liebknecht, 1919)

Riproduciamo qui sotto un articolo di Karl Liebknecht ove tratta in una maniera precisa e concisa il problema dell’unità operaia che ancora allora era oggetto da parte di tutti gli opportunisti di ogni gradazione della più scandalosa speculazione. Anche allora, nel mentre le masse si svegliavano dal torpore nel quale le aveva sprofondate l’ultima carneficina, i socialpatrioti, i socialpacifisti tendevano sotto il manto dell’unità ad evitare lo sviluppo del movimento rivoluzionario per poter imporre con la corruzione e la violenza il mantenimento dell’ordine e della pace sociale.

Già da allora Liebknecht e il piccolo gruppo degli spartachisti lanciava il grido d’allarme contro tale manovra ed in una frase lapidaria simbolizzava la natura indipendente del partito di classe del proletariato.

«L’unità con i traditori significa la disfatta», affermava già da allora Liebknecht. E questa affermazione non aveva un valore contingente, ma essa esprimeva la necessità imperiosa per il proletariato di forgiare il suo partito di classe sulla base dei principi del marxismo sola condizione che può condurre le masse operaie verso la vittoria.

Oggi dopo 15 anni di lotte, dopo la formazione dei partiti comunisti e dell’I.C., dopo che i movimenti rivoluzionari vittoriosi come in Russia, o sconfitti, come in numerosissimi altri paesi, dopo che la corrente politica che aveva tradito apertamente nel 1914 facendo blocco con i rispettivi imperialismi si è rivelata, durante le sommosse operaie, come il boia accreditato del capitalismo, oggi la divisa di questa unità sventolata allora dai Dittmann e dai Noske viene ripresa dal centrismo e da tutte le correnti che gravitano attorno a lui, e presentata come l’unica ancora di salvezza di fronte ai pericoli della guerra che viene.

In effetti i moventi che si trovano alla base del fallimento e della liquidazione dei partiti comunisti non possono essere ricercati nel preteso istinto unitario delle masse sfruttate ma bensì nelle ripetute disfatte del proletariato mondiale in questo ultimo decennio. Sono appunto queste disfatte che hanno determinato nelle masse una sorta di panico determinando logicamente un progressivo rimpicciolimento della visibilità politica, facendo credere loro così che le ragioni di queste disfatte non potevano derivare che dalla scissione operaia, e che, in conseguenza, come prima tappa fosse urgente passare alla ricostituzione del partito unico del proletariato. È inevitabile che nelle fasi di decomposizione del movimento operaio gli istinti più regressivi prendano il sopravvento, come questo si verificava d’altronde anche nel 1914, ma il compito dei comunisti non consiste nell’adattarsi a queste parti retrograde delle masse, ma giustamente nel marciare contro corrente, per salvaguardare il patrimonio ideologico dell’avanguardia comunista, sollevando così all’altezza di questo compito storico gli strati più avanzati del proletariato.

È sulle tracce di Lenin che ancora oggi le masse operaie possono ritrovare il loro cammino e queste tracce indicano appunto che non è nella confusione con i traditori che si possono forgiare le armi per la rivoluzione proletaria, unico mezzo che possa impedire la guerra che viene, ma nella lotta più accanita contro di questi e contro tutte quelle correnti conciliative che soffocate nell’ambiente esistente ne propugnano l’adattazione "contingente".

Il centrismo che aveva preso forza e corpo dalle disfatte proletarie e si era sviluppato allo stesso ritmo che il proletariato regrediva, oggi mentre questo processo approssima verso la fine, assume apertamente il carattere inerente alla sua natura proclamando apertamente la liquidazione dei partiti ed abbandonando così il patrimonio ideologico frutto di tanti anni di lotta e di esperienze della classe proletaria.

Contro queste forze liquidatrici ed apertamente contro-rivoluzionarie si elevano gli sparuti gruppi della frazione di sinistra ai quali riviene il compito di conservare intatto il vessillo della rivoluzione, marciando anche contro gli umori prevalenti delle masse, ma che permette, malgrado tutto, di difendere gli interessi storici di tutta la classe e di stabilire così le premesse indispensabili della inevitabile vittoria di domani.

Questa fu la via di Lenin e di Liebknecht, questa fu la via degli sparuti gruppi bolscevichi durante la guerra e degli spartachisti, noi la seguiremo perché essa solo può condurre verso la vittoria.

Ai preti dell’unità, ai promotori dei pogrom contro gli eretici della nuova "unione sacra" che sta ricostituendosi in vista della guerra inter-imperialista, i rivoluzionari, i comunisti, dichiarano la guerra la più implacabile per smascherarli definitivamente dalla copertura ipocrita e demagogica delle frasi che avvolge ancora il loro volto.

All’unità della demagogia, delle frasi e del tradimento, opponiamo il raggruppamento, il rafforzamento delle frazioni di sinistra, alle quali riviene il compito fin da oggi di conservare intatto il vessillo del comunismo.

* * *

«Non conosco più partiti, io conosco solamente i tedeschi». Questa parola falsa marca l’inizio della guerra mondiale.

La frase confusionista dell’unione sacra di tutte le classi aveva oscurato i cervelli in tutti i popoli, immergendo perfino dei larghi strati del proletariato nell’ubriacatura patriottica, piena di rabbia entusiasta, piena di furore guerriero e di mortale follia.

La coscienza della classe proletaria si trovava spazzata via come una debole diga dalla marea in tempesta. Ora, solo la lotta di classe del proletariato contro l’imperialismo avrebbe potuto risparmiare al mondo l’orribile massacro. L’unione sacra che consegnava le masse popolari alle grinfie dei bevitori di sangue, l’unione sacra non fu altro che l’assassinio in massa, la miseria di milioni di esseri, la devastazione della cultura, la follia e l’inferno. I politicanti sciovinisti e gli apostoli della pace sociale della social-democrazia furono i più focosi e i più cinici propagandisti del reciproco scannamento fra i popoli.

Quanto a coloro che elevarono delle voci di avvertimento e di accusa contro i cattivi pastori del proletariato, vennero trattati da guasta-feste, da cattivi cittadini e perseguitati come traditori della patria.

«Noi non conosciamo più dei partiti nel socialismo, noi non conosciamo che dei socialisti», tale è la parola che risuona ovunque ora che s’infrange la potenza della Guerra mondiale. Il vessillo di una nuova pace sociale è issato; si semina un nuovo odio fanatico contro tutti coloro che si oppongono a questo nuovo furore di unità. E questa volta ancora, sono gli Scheidemann e consorti che gridano il più forte.

Essi trovano un eco docile particolarmente fra i soldati. Non è da meravigliarsi. Una grande parte di questi non sono dei proletari, e lo stato d’assedio, la censura, l’imbottimento dei crani hanno rimpiccolito il loro orizzonte.

La massa dei soldati prende un’attitudine rivoluzionaria in faccia del militarismo, della guerra e dei rappresentanti apertamente dichiarati dell’imperialismo; ma davanti al socialismo, questa massa è ancora nell’indecisione, nell’ambiguità di una posizione non ancora chiarita. Una gran parte dei soldati-proletari ed anche degli operai credono la rivoluzione terminata; ora, non si tratterebbe per questi che realizzare la pace e la smobilizzazione. Essi auspicano al riposo dopo tante fatiche e tante sofferenze.

Essi non scorgono che la "rivoluzione" che si è fatta, si puol dire, sotto la tolleranza governativa, non è altra cosa, fino ad ora, che il crollo delle forme autocratiche, lasciate per conto dall’ "Anno folle" (1914), che questo non è altro che il completamento della rivoluzione borghese. Dimenticano che il potere politico non resterà nelle mani del proletariato che nella misura che questo saprà utilizzarlo per ricondurre a buon fine il suo compito storico: l’abolizione d’ogni privilegio economico di classe. Essi devono comprendere egualmente che tutti gli altri problemi posti dalla guerra, la mobilitazione e la ricostruzione economica non possono più essere risoluti se il proletariato non prosegue verso il suo scopo finale con una marcia decisa e ferma. Il problema della rivoluzione sociale contiene e riassume tutto questo.

Il problema dell’unità egualmente non è che un aspetto secondario.

L’unità? Chi dunque può favorire e lavorare per essa più che noi!

L’unità che fa il proletariato forte perché accompia la sua missione storica! Ma non tutte le unità fanno la forza. L’unità fra il fuoco e l’acqua non fa che spengere l’uno e vaporizzare l’altra. L’unità fra l’agnello e il lupo abbandona l’agnello alla preda del lupo. L’unità fra la classe operaia e la borghesia sacrifica la classe operaia. L’unità con i traditori significa la disfatta.

Solo delle forze orientate nello stesso senso si trovano rafforzate con l’unione. Le forze agenti in senso contrario vengono con l’unità incatenate e paralizzate.

Unire delle forze affini, tale è il nostro compito. Unire insieme delle forze contrarie in maniera da impedire e deviare l’esplosione delle forze sovversive nella società, tale è il compito degli apostoli attuali dell’unità, com’era il compito dei predicatori dell’unione sacra durante la guerra.

Il nostro criterio è l’azione. Agire insieme suppone una comunanza di cammino e di destinazione. Chiunque è d’accordo con noi nell’obiettivo e nel metodo d’azione immediata è il benvenuto fra noi come compagno d’armi. La solidarietà, l’unione nello spirito, nel sentimento, nella volontà e nell’azione – ecco la sola unità reale.

L’unità a parole non è che un’illusione, inganno di se stessi e disillusione.

Essi, i preti dell’unità, non mirano che a liquidare la rivoluzione avanti che questa sia iniziata. Non mirano che a spingere il movimento nei canali della conciliazione al fine di preservare la società capitalista. Non mirano che a privare gli operai d’ogni potere rafforzando lo Stato, prodotto ed arbitro delle contraddizioni di classe. Essi vogliono mantenere la dominazione economica di una classe, mentre che noi resteremo narcotizzati dalle frasi sull’unità. Ci attaccavano perché noi ostacoliamo il loro disegno, perché i loro interessi sono opposti ai nostri, come ad ogni emancipazione onesta e vera della classe operaia che non è realizzabile che con la rivoluzione sociale universale.

Possiamo noi essere uniti con coloro che non sono altro che i difensori corazzati del "socialismo" del regime di spogliazione?

Possiamo unirci con coloro senza associarsi e sacrificarci ai loro piani? Possiamo unirci con essi? Dobbiamo farlo?

Una tale unione sarebbe un crimine contro il proletariato. Unirsi con essi significherebbe abbandonare il socialismo e l’Internazionale degli operai.

I social-traditori non sono coloro con cui è possibile scambiare una stretta di mano fraterna. Non è l’unità che occorre fare, ma la battaglia.

Le masse operaie sole sono le esecutrici della rivoluzione sociale. Una chiara coscienza di classe, una comprensione chiara della loro missione storica, una chiara volontà di accompiere un’azione decisa ed ispirata da questi concetti: tali sono le qualità senza le quali gli operai non potranno giammai completare la loro missione. Distruzione di tutte le nuvole dell’unità in parole, smascheramento di tutte le mezze verità e di tutti gli apostoli interessati, smascheramento di tutti i falsi amici della classe operaia: tale è il primo comandamento della lotta operaia oggi più che giammai. Solamente con una critica intrepida può svilupparsi una vista chiara, solamente con una vista chiara si realizza l’unità del pensiero e del fine, dei disegni e della comprensione; ed è da questa unità solamente che gli operai possono trarre la forza per creare un nuovo ordine sociale.

(Carlo Liebknecht, 1919)