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Marx ed Engels sulla questione irlandese (Rapporti esposti alle riunioni di Genova del maggio 2014 e del maggio 2015) |
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Nei capitoli successivi passeremo a più ampiamente documentare l’aspro cozzo fra classi e partiti nell’isola con l’imperialismo inglese dall’ultimo ventennio dell’Ottocento e fino alla Prima Guerra mondiale e alla ottenuta indipendenza dello Stato della borghesia irlandese. Seguirà una sintesi delle analisi di Lenin, grande conoscitore dei testi di Marx e di Engels e grande dialettico, che ha seguito da vicino le lotte di emancipazione nazionale e dei popoli coloniali. Ricorderemo infine come la nostra corrente, coerentemente con Marx-Engels e Lenin, ha analizzato la questione nazionale e coloniale.
L’oppressione di quella nazionalità è perdurata nell’Ulster fino alla seconda metà del secolo scorso, estrema ultima viltà del decaduto militarismo imperialista della super-democratica borghesia britannica.
All’epoca di Marx l’Irlanda stava all’Inghilterra come la Polonia alla Russia, e, potremmo aggiungere, come l’Algeria alla Francia: l’Irlanda e la Polonia avevano questo in comune, che la loro sottomissione era la base dei due grandi pilastri della reazione europea: in Inghilterra l’alleanza fra la grande proprietà fondiaria e la borghesia industriale, sul continente la Santa Alleanza.
Il dominio britannico è stato solamente saccheggio e infamia. In Irlanda l’imperialismo inglese si manteneva solo con la forza delle baionette e dello stato d’assedio permanente, che vi impedivano una immediata rivoluzione sociale e l’espropriazione dei landlord. L’indipendenza dell’Irlanda era questione di vita o di morte per la grande maggioranza della popolazione irlandese.
Inoltre, le enormi ricchezze che la borghesia inglese ricavava dall’Irlanda le permettevano di corrompere una parte del proletariato inglese per indurlo a sostenere l’imperialismo e lo sciovinismo delle propria borghesia. Il proletariato inglese si faceva così il puntello della borghesia inglese, come questa si appoggiava all’aristocrazia terriera. In questa situazione nessuna unità era possibile fra i lavoratori inglesi ed irlandesi, che tuttavia costituivano una grande parte del proletariato industriale in Gran Bretagna. Così l’indipendenza dell’Irlanda, o almeno la sua uscita dall’Unione ed una grande autonomia in seno ad uno Stato federale, se questo fosse stato possibile, avrebbe costituito la condizione per qualunque rivoluzione sociale in Inghilterra.
1. CONDIZIONI NATURALI E STORIA ANTICA DELL’IRLANDA
Il primo scritto considerato, rinvenuto dallo
scrupoloso lavoro di ricerca dei nostri compagni di lingua inglese,
del quale alla riunione abbiamo dato lettura di alcune conclusioni
essenziali, sono le bozze di una “Storia dell’Irlanda” cui
Engels si dedicò fra il 1869 e il 1870 ma che poté
ultimare solo
nei suoi primi due capitoli, “Condizioni Naturali” e “Irlanda
Antica”, spaziando dalle caratteristiche fisiche dell’isola alla
sua storia fino alla sconfitta degli invasori vichinghi nella
battaglia di Clontarf del 1014. Qui ne traduciamo pochi significativi
estratti.
CONDIZIONI NATURALI
«Fra l’Irlanda ed il resto di Europa
si estende
un’altra isola, tre volte più estesa, che la chiude
completamente a
nord, ad est e a sud-est lasciando il passaggio solo in direzione
della Spagna, della Francia occidentale e dell’America.
«Il canale che divide le due isole nel
suoi
passaggi più stretti a sud, di fronte al Galles, è largo
da 50-70
miglia inglesi, e a nord, in corrispondenza della Scozia, 13 in un
tratto, 22 nell’altro, attraverso i quali gli Scoti di Irlanda
emigrarono nelle isole vicine per fondare il Regno di Scozia già
prima del V secolo. A sud era troppo largo per le imbarcazioni degli
irlandesi e dei britanni ed anche presentava seri ostacoli per le
navi romane a fondo piatto. Ma quando i frisoni, gli angli e i
sassoni, e dopo di loro gli scandinavi, si avventurarono in alto
mare, oltre la vista della terraferma, con i loro vascelli muniti di
chiglia, il canale non fu più un ostacolo. L’Irlanda divenne
oggetto
delle scorrerie degli scandinavi e facile preda per gli inglesi.
Appena i normanni formarono un forte ed accentrato governo in
Inghilterra, si impose l’influenza della vicina isola più forte
–
che all’epoca significava una guerra di conquista (...)
«Uno volta che l’isola maggiore fu
infine unita
in un singolo Stato, fu inevitabile che cercasse di inglobare
totalmente anche dell’Irlanda. Se questo fosse riuscito diverso
sarebbe stato il corso della storia. La storia è il proprio
giudice,
ma non si può cambiare. Comunque sia, dopo sette secoli di lotte
l’assimilazione è fallita; se invece tutte le ondate di
invasori che corsero l’Irlanda, una dopo l’altra, furono assimilati
dall’Irlanda; se, ancor’oggi, dopo un intero secolo di
oppressione, gli irlandesi non sono più inglesi, né
“britannici
occidentali”, come vengono chiamati, di quanto i polacchi siano
russi occidentali; se della lotta non si vede ancora la fine e non
c’è alcuna possibilità che finisca se non tramite lo
sterminio
della RAZZA oppressa – se è così allora tutte le
giustificazioni
geografiche del mondo non basteranno a provare che il destino
dell’Inghilterra sia quello della conquista dell’Irlanda».
GEOLOGIA DELL’ISOLA
«Per comprendere le condizioni del suolo dell’Irlanda di oggi dobbiamo tornare molto addietro, fino all’epoca di formazione del cosiddetto sistema del carbonifero (...) Tutta la pianura centrale dell’Irlanda è il risultato di un denudamento tale che gli strati carboniferi con i sovrastanti depositi calcarei sono stati dilavati via».
Ne risulta che l’Irlanda si trova con poco carbone e di cattiva qualità. Engels conclude:
«La sfortuna dell’Irlanda è
quindi davvero
antica: un paese i cui depositi di carbone sono stati dilavati alla
fine del Terziario, posto accanto ad altro più vasto che ne ha
in
abbondanza, era fin da allora condannato dalla natura a far da terra
agricola per il futuro paese industriale; questa sentenza,
pronunciata milioni di anni fa, non andò in esecuzione che in
questo
secolo: furono gli inglesi, aiutati dalla natura, a totalmente e
violentemente calpestare ogni germoglio di industria in Irlanda».
IL SUOLO
Engels smentisce la favola propagata dai fondiari irlandesi e dai borghesi inglesi che l’Irlanda non sarebbe atta alle coltivazioni ma solo all’allevamento, è quindi a rifornire l’Inghilterra di carne e latticini, mentre gli irlandesi, senza pane, dovrebbero emigrare per far posto a vacche e pecore.
«Risulta che tutti i più
autorevoli giudizi
convengono che il suolo dell’Irlanda contiene tutti gli elementi
della fertilità in un grado non comune, riguardo sia ai
componenti
chimici sia alla composizione fisica. Gli estremi – l’argilla
colloide ed impermeabile, che non consente il drenaggio dell’acqua, e
le sabbie incoerenti che non la trattengono per più di un’ora –
non vi si trovano in alcun punto. Ma l’Irlanda ha uno svantaggio.
Poiché le montagne si trovano per lo più lungo la costa
(...) i
fiumi non riescono a drenare tutte le precipitazioni al mare, e
questo dà origine a vaste torbiere nell’interno (...) Ma tutte
queste contengono in sé le sostanze per il loro recupero alla
coltivazione» (...)
«Il più antico rapporto sul clima
irlandese ci
proviene dal romano Pomponius Mela (De situ orbis) del
primo secolo a.C. Dice: “Oltre la Britannia giace Hibernium, quasi
uguale a quella in estensione ma diversamente simile; di forma
piuttosto allungata, con cieli avversi al maturare dei semi; ma
abbondante di erbaggi non solo lussureggianti ma anche dolci,
cosicché una piccola parte del giorno è sufficiente al
bestiame per
nutrirsi a sufficienza, e se non allontanati dal pascolo
continuerebbero a pascolare fino a scoppiarne».
I RACCOLTI
«A guardare le cose con
imparzialità, non
distolti dalle grida interessate dei signori fondiari irlandesi e dei
borghesi inglesi, troviamo che l’Irlanda dispone di terreni che per
la qualità del suolo e del clima sono più adatti
all’allevamento
del bestiame, altri più adatti all’arativo, ed altri, la grande
maggioranza ed ovunque, che sono ugualmente adatti ad entrambi.
Rispetto all’Inghilterra, l’Irlanda nell’insieme è migliore per
l’allevamento; ma rispetto alla Francia l’Inghilterra stessa è
migliore per l’allevamento. Ne consegue che tutta l’Inghilterra
dovrebbe trasformarsi in pascolo, che l’intera popolazione delle
fattorie – con l’eccezione di pochi pastori – dovrebbe essere
mandata nelle città o in America, per far posto al bestiame
destinato alla Francia in cambio di seta e vini? Ma questo è
esattamente ciò che i signori fondiari irlandesi, desiderosi di
accrescere le loro rendite, e la borghesia inglese, desiderosa di
abbassare le paghe, stanno chiedendo all’Irlanda. Per di più la
rivoluzione sociale che implicherebbe tale trasformazione da arativo
a pascolo sarebbe molto più violenta in Irlanda che in
Inghilterra.
In Inghilterra, dove predominano le grandi fattorie e i braccianti
sono stati ampiamente sostituiti dalle macchine, significherebbe
sradicarne al più un milione; mentre in Irlanda, dove le piccole
fattorie ed anche micro fattorie predominano, significherebbe
sradicare quattro milioni di uomini, lo sterminio del popolo
irlandese.
«È evidente che anche gli
elementi naturali
divengono questioni nazionali di contesa fra l’Inghilterra e
l’Irlanda. Ma è altresì evidente che la pubblica opinione
delle
classi dominanti in Inghilterra – ed è solo questa che si
conosce
nel continente – muta per adattarsi ai propri interessi. Oggi
l’Inghilterra ha bisogno di grano presto e senza rischi – ecco che
l’Irlanda è fatta per crescere il grano; domani l’Inghilterra ha
bisogno di carne – l’Irlanda non è buona allora a nient’altro
che
a pascolo per il bestiame. Cinque milioni di irlandesi sono con la
loro semplice esistenza uno schiaffo in viso a tutte le leggi della
economia politica. Se ne devono andare, lasciamo che finiscano
dove gli pare!»
La classe contadina irlandese era composta essenzialmente dei piccoli agricoltori che dovevano versare una rendita, in natura o in denaro, al proprietario fondiario, quasi sempre inglese. La trasformazione delle terre coltivate in pascolo imposta da una parte dai proprietari fondiari inglesi, avrebbe condotto alla carestia ed alla morte la grande parte della popolazione irlandese.
Ritorneremo più avanti sulla questione cruciale dalla proprietà fondiaria in Irlanda. Per il momento continuiamo il riassunto storico seguendo Engels.
L’IRLANDA ANTICA
I ritrovamenti e i progressi della archeologia nel corso del secolo scorso hanno provato che non si riscontra nella antica popolazione dell’Irlanda una unica continuità etnica. Le ceneri provenienti da tre catastrofiche eruzioni del vulcano Hekja in Islanda ed accumulatesi nel nord delle isole britanniche impedirono o fortemente limitarono la crescita della vegetazione, con conseguente spopolamento. Gli effetti dell’eruzione del 2354 a.C. durarono nove anni e si ritiene coincidessero con la fine del neolitico e l’inizio dell’età del rame/bronzo. Di quella del 1154 a.C. durarono un decennio, che corrisponde alla fine dell’età del bronzo medio. I movimenti di popolazioni nella regione, come altri nell’Europa del nord, possono collegarsi alle invasioni dei Popoli del Mare nel Mediterraneo. Nel 950 a.C. la devastazione avvenne alla fine dell’età del bronzo. La conquista dei celti, nell’età del ferro, legata a nuove forme di agricoltura e allevamento, fu facilitata dalle recenti distruzioni ed indebolimento della società, specialmente nelle sue classi dominanti.
La conquista celtica di Gaul, nel Sud della Britannia e dell’Irlanda ereditò importanti caratteristiche della precedente società: diritti delle donne, classe degli artigiani e dei druidi, che non esistevano nelle aree celtiche. Il popolamento nei millenni risulta da parecchie onde di immigrazioni di popoli diversi, ma quando gli irlandesi faranno la loro prima apparizione nella storia, costituiranno allora un popolo omogeneo di cultura celtica.
Dopo la conquista dell’Inghilterra, che fu terribile, dal V al VII secolo, da parte degli angli e dei sassoni che venivano dalla Danimarca, i celti furono respinti in Scozia e nel Galles. Nel medioevo i popoli celtici erano ripartiti tra la Scozia, il Galles, l’Irlanda e la Bretagna della Francia di oggi.
L’Irlanda possiede una ricca letteratura, malgrado la perdita di gran parte di essa durante le guerre devastatrici condotte dall’Inghilterra dal XVI al XVII secolo. Sotto il dominio britannico solo una piccola parte di questi lavori è potuta essere pubblicata, e probabilmente non la più interessante.Riprendiamo con il testo di Engels.
«La
cristianità deve essersi fatta strada in Irlanda assai presto,
almeno sulla costa orientale. Altrimenti non si spiega il fatto che
anche molto prima di San Patrizio così tanti irlandesi occupino
un
posto importante nella storia della chiesa (...)
«In
tutti gli scritti dell’alto Medioevo gli irlandesi sono chiamati
scoti, ed il paese Scozia (...) Quella che oggi è la Scozia era
chiamata Caledonia, un nome straniero, o Alba, Albania, quello
originario; lo spostamento del nome Scotia, Scotland, alla
estremità
settentrionale dell’isola non ebbe luogo fino all’XI secolo. La
prima grande ondata di emigrazione degli scoti irlandesi verso Alba
si suppone sia avvenuta alla metà del III secolo.
L’emigrazione ebbe
luogo per la via marittima più breve (...) Intorno al 500
sopraggiunsero più consistenti bande di scoti. Questi
gradualmente
formarono un regno proprio, indipendente sia dall’Irlanda sia dai
Pict. Nel IX secolo (...) formarono lo Stato al quale un 150 anni
più tardi sarà dato per la prima volta il nome di Scozia,
Scotia».
«L’Irlanda
era considerata in tutta Europa una culla della cultura, tanto che
Carlomagno a Pavia assunse come insegnante un monaco irlandese,
Albinio, poi seguito da un altro irlandese, Dungal. Del gran numero
di studiosi irlandesi importanti al loro tempo ed oggi per lo
più
dimenticati il più grande, il “Padre” o, come Erdmann lo
chiamò,
il “Carlo Magno” della filosofia medioevale, è Johannes
Scotus Erigena. Secondo Hegel “fu quello da cui iniziò la vera
filosofia” (...) Attraverso la sua traduzione dal greco degli scritti
attribuiti a Dionisio, l’Aeropagita, risalì alle prime
espressioni
della filosofia antica, la scuola Alessandrina Neoplatonica. I suoi
insegnamenti osavano molto per il suo tempo: negò
l’eternità della
dannazione, anche per il diavolo, ed arrivò assai vicino al
panteismo. Per questo la contemporanea ortodossia non manca di
calunniarlo».
«Alla fine dell’VIII secolo l’Irlanda era tutt’altro che abitata di una singola nazione. Un regno sovrano su l’insieme dell’isola esisteva solo in apparenza, e anch’esso non era affatto permanente. I re provinciali, il cui numero e territorio cambiava continuamente, erano costantemente in guerra fra loro, ed i principi minori locali anche avevano i loro feudi privati. Nell’insieme, tuttavia, alcune leggi sembrano aver prevalso in queste lotte intestine, che portavano devastazione solo entro dati limiti, sicché il paese non ne soffrì eccessivamente. Ma le cose stavano per cambiare. Nel 795, pochi anni dopo la prima scorreria in Inghilterra di quel popolo di predatori, i normanni sbarcarono sull’isola di Rathlin, al largo di Antrim, e bruciarono ogni cosa. Nel 798 sbarcarono vicino a Dublino a dopo di allora sono ricordati ogni anno nelle cronache di una o più località come pagani, stranieri e pirati, mai senza l’aggiunta di losccadh (che incendiano). Il loro insediamento nelle Orcadi, le Shetland e le Ebridi serviva loro di base per le operazioni contro l’Irlanda, così come contro quella che era la Scozia, e contro l’Inghilterra».
Queste invasioni continuarono, con alterni successi, fino alla famosa battaglia di Clontarf, non lontano da Dublino, del 23 aprile 1014, dove i vichinghi subirono una sanguinosa disfatta da parte delle truppe irlandesi. Questa battaglia decisiva mise fine definitivamente alle scorrerie vichinghe.
2. LA CONQUISTA INGLESE DELL’IRLANDA
Qui purtroppo si interrompe la “Storia” di Engels, ma possiamo appoggiarci ad un Rapporto sulla questione irlandese che tenne Marx il 16 dicembre 1867 presso la Società di Educazione degli Operai Tedeschi a Londra (i “migranti” di allora), del quale abbiamo un resoconto schematico.
GLI INGLESI IN IRLANDA PRIMA DELLA RIFORMA PROTESTANTE
L’invasione inglese inizio nel 1169 e con lei il calvario irlandese.
«Nel 1172 Enrico II conquistò meno di un terzo dell’Irlanda. Era un regalo di papa Adriano IV, un inglese. Un 400 anni più tardi un altro papa, sotto Elisabetta, nel 1576, Gregorio XIII, revocò quel dono agli inglesi. La capitale era Dublino. Mescolanza dei common colonists con gli irlandesi, e dei nobili anglo-normanni con i capi irlandesi. Comunque la guerra di conquista fu condotta, all’inizio, come contro i pellirossa. Nessun rinforzo armato fu inviato in Irlanda fino al 1565 (Elisabetta)».
Nei secoli XIV e XV si assiste ad un rinnovamento della società irlandese: l’economia si sviluppava, la cultura celtica fiorì e gli antichi conquistatori inglesi finirono per assimilarsi alla popolazione nativa tramite matrimoni ed adottando la lingua celtica.
LA RICONQUISTA ELISABETTIANA
La monarchia britannica si rese conto che la situazione le stava sfuggendo. I Tudor nel XVI secolo – da Enrico VIII ad Elisabetta I – iniziarono la riconquista dell’isola che si completerà nel 1609. Espulsione in massa dei contadini dalla terra nell’Ulster e nel Munster e loro sostituzione con coloni inglesi. Situazione particolarmente dura per la popolazione nativa che non poteva più possedere la terra né affittarla dai coloni e nemmeno lavorarvi come operai.
«Elisabetta. Il piano era di
sterminare gli
irlandesi almeno fino al fiume Shannon, per prendere la loro terra
ed impiantare coloni inglesi al loro posto, ecc. Nelle battaglie
contro Elisabetta anche gli anglo-irlandesi cattolici [cioè i
primi conquistatori inglesi, detti i
“vecchi inglesi”, che avevano assimilato i costumi e la lingua dei
nativi] combatterono
insieme ai nativi contro gli inglesi. Far pulizia
nell’isola dei nativi e riempirla di leali inglesi. Riuscirono
solo ad impiantare una aristocrazia terriera».
«In Irlanda, oltre quello di
“convertire”, lo
scopo manifesto era trovare un pretesto per il saccheggio. La
“Riforma”, fin dall’inizio, portava il marchio del saccheggio, ma
in Irlanda fu solo saccheggio. In Irlanda “Bess” [Elisabetta]
lasciò che si perpetrassero massacri in grande scala, saccheggi
e
macelli senza fine. Inviò in Irlanda quegli stessi pastori i cui
successori vi rimangono ancor oggi. La spada sempre insanguinata
assicurerà loro la decima e la terra. In Inghilterra,
essa fu costretta a promulgare la legge per i poveri (nel 43° anno
del suo regno), ma concederà ai saccheggiatori un regime per il
quale l’“Inghilterra era un luogo ove si potevano levare le armi
per inviarle a battersi in Irlanda per i suoi interessi”. Ed era
proprio “il permesso di saccheggio che attirava queste armati
inglesi”» (Marx, Estratti da Note Etnografiche, 1883, tradotto
dal tedesco).
IL PRIMO SOLLEVAMENTO NAZIONALE CONTRO L’OPPRESSIONE BRITANNICA
Nel 1641 una grave crisi agraria provocò una carestia. In questo contesto di crisi economica e di fame un gruppo di piccoli nobili tentò allora di impadronirsi dei punti strategici in vista di liberare l’Irlanda, il che suscitò una sollevazione generale. Al fine di recuperare le terre i contadini irlandesi attaccarono i coloni, che furono uccisi o espulsi. La nobiltà irlandese prese allora la direzione del movimento per la liberazione nazionale e trasformò l’insurrezione contadina in una vera guerra. Fecero finire gli attacchi contro i coloni e formarono un governo nazionale: la Confederazione Irlandese. Marx parla di «prima rivolta nazionale di Irlanda» e di «rivoluzione irlandese del 1641» (“Outline of a report on the Irish Question”, Collected Works, Vol 21, p 196).
La guerra civile portò una situazione favorevole alla popolazione irlandese. La Confederazione in un primo tempo cercò di ottenere un riconoscimento di autonomia da parte del re d’Inghilterra, poi nel 1646 dichiarò la sua indipendenza e cercò di liberare tutta l’isola. In questo periodo i contadini recuperarono la metà delle terre colonizzate. Nello stesso tempo la costituzione della Confederazione dichiarò la libertà di coscienza e di religione su tutto il territorio irlandese, il che all’epoca ne faceva la costituzione più avanzata al mondo.
LO SBARCO DI CROMWELL
Questa seconda completa riconquista dell’Irlanda da parte delle truppe di Cromwell fu di una ignominia e di una crudeltà senza fine. La classe dominante inglese – essenzialmente i grandi proprietari fondiari, ma anche i finanzieri e gli industriali – mostrarono tutta la loro bestialità e ferocia. Nel 1649 Cromwell sbarcò alla testa delle truppe ed organizzò il massacro. A differenza di Napoleone che – benché imperialista anch’esso – esportava la Rivoluzione francese sul continente europeo abolendo i privilegi feudali ed introducendo una legislazione borghese tendente a sviluppare un ambiente favorevole alla grande industria, l’imperialismo di Cromwell difendeva unicamente gli interessi della borghesia terriera inglese, e secondariamente di quella industriale, rovinando ogni industria in Irlanda.
Fu un genocidio: fra un terzo e la metà della popolazione fu massacrato. William Petty, il primo demografo e statistico, scriveva che almeno 400.000 irlandesi furono uccisi, ma che potevano essere anche più di 600.000, dei quali due terzi erano civili. Prima del genocidio la popolazione irlandese era stimata in 1.500.000 abitanti.
In una lettera a Jenny Longuet del 24 febbraio 1881 Engels così descrive la riconquista dell’Irlanda e dice quel che pensa del giudizio di uno sciovinista inglese che paragonava l’Irlanda dei tempi di Cromwell alla Vandea durante la rivoluzione francese:
«L’Irlanda era cattolica, la
protestante
Inghilterra repubblicana, da qui Irlanda Vandea dell’Inghilterra.
C’è tuttavia la piccola differenza che la Rivoluzione francese
intendeva dare la terra al popolo, mentre che il Commonwealth
inglese intendeva in Irlanda togliere la terra al popolo.
«Ogni riforma protestante, come ben sa
ogni
studioso di storia (...) era un piano generale di confisca di terre.
All’inizio furono prese le terre dalla chiesa. Poi i cattolici,
ovunque i protestanti erano al potere, furono dichiarati ribelli e le
loro terre confiscate».
Allo sterminio dei cattolici, cioè del popolo irlandese, si aggiunse che 100.000 donne e bambini, fra i 10 e i 14 anni, furono venduti come schiavi nelle colonie inglesi d’America (vedi “White cargo” di Don Jordan e Michael Walsh).
La soggezione dell’Irlanda rinforzava lo strato più reazionario e infame fra la borghesia inglese: i proprietari fondiari. E Cromwell, lungi da servire la rivoluzione, rafforzava la reazione nella stessa Inghilterra. La sanguinaria e spietata sottomissione dell’Irlanda sarà pagata a prezzo della Repubblica in Inghilterra. Rinforzando la potenza economica dei proprietari fondiari inglesi gettava le basi della restaurazione: alla morte di Cromwell fu ristabilita la Camera dei Lord e con essa la monarchia. Marx, in una lettera a Ludwig Kugelman del 29 agosto 1869 scriveva: «In realtà la Repubblica inglese sotto Cromwell fu sconfitta a causa dell’Irlanda».
Nel 1688 il nuovo re d’Inghilterra Giacomo II fu rovesciato. Cercò di recuperare il trono sbarcando in Irlanda e cercando l’appoggio della nobiltà anglo-irlandese. Dopo la sua sconfitta per opera del Principe Guglielmo d’Orange – suo nipote e sposo della figlia – la classe dominante inglese completò la pauperizzazione e la soggezione della popolazione e il controllo totale dell’economia irlandese.
Furono applicate nuove discriminazioni nei confronti dei cattolici e tutte le terre e le poche di industrie restanti date ai grandi proprietari fondiari inglesi e ad avventurieri di ogni genere – commercianti, industriali, uomini d’affari, ecc. Inoltre il commercio diretto fra l’Irlanda ed i paesi stranieri fu totalmente proibito: l’Inghilterra divenne il solo sbocco e dove si decidevano i prezzi. La tessitura della lana pure fu proibita. In una parola l’Irlanda divenne totalmente una colonia, come erano l’America ed il Sudafrica, ma a condizioni ancora peggiori. Questa situazione di soggezione economica spiega perché più tardi alcuni borghesi protestanti dell’Ulster, benché di origine inglese, si unissero alla lotta per l’indipendenza dell’Irlanda.
Nel 1640 i nativi e gli inglesi di antica immigrazione detenevano il 60% delle terre; nel 1660 non più dell’8-9%.
L’IRLANDA DURANTE LA RIVOLUZIONE AMERICANA E FRANCESE
Allo scoppio della rivoluzione americana i cattolici, cioè i tre quarti della popolazione irlandese, erano privi di ogni diritto. Il parlamento “irlandese”, come in Inghilterra era costituito da due camere: la Camera dei Lord, i cui membri erano presi in seno dell’aristocrazia fondiaria, tutti di origine inglese, e la Camera dei Comuni eletta dai protestanti, che nella loro schiacciante maggioranza erano di origine inglese.
Marx, nel discorso agli operai tedeschi del 1867 fa una descrizione esauriente della situazione irlandese dell’epoca.
«Sotto Guglielmo III la classe venuta
al potere
voleva solamente fare soldi, e l’industria irlandese fu soppressa al
fine di obbligare gli irlandesi a vendere le loro materie prime
all’Inghilterra a non importa quel prezzo. Sotto la regina Anna, con
l’aiuto della legge penale protestante, la nuova aristocrazia ebbe
ogni libertà di azione. Il parlamento irlandese era uno
strumento di
oppressione. I cattolici non erano autorizzati ad occupare un posto
di funzionario, non potevano possedere terre, non gli era permesso di
fare testamento né di ricevere in eredità; essere un
vescovo
cattolico era considerato alto tradimento. Tutto per spogliare gli
irlandesi delle loro terre.
«Tuttavia il 50% dei discendenti inglesi
nell’Ulster erano restati cattolici. La popolazione era spinta nelle
braccia del clero cattolico, che quindi diveniva molto potente. Tutto
quello che riuscì al governo inglese fu di impiantare una
aristocrazia in Irlanda. Le città costruite dagli inglesi erano
divenute irlandesi. È per questo che vi sono tanti nomi inglesi
fra
i feniani [movimento indipendentista irlandese]».
Il vento rivoluzionario proveniente dall’America, poi dalla Francia, arrivò nell’isola. I cattolici, che fino allora supplicavano per una attenuazione della legge protestante, alzarono la testa e fecero sentire la loro voce. I protestanti stessi, finora considerati dal governo britannico come loro carcerieri e servitori, chiesero maggiore autonomia e soprattutto la libertà di commercio: lo statuto coloniale dell’isola impediva i loro commerci e soprattutto soffocava ogni sviluppo industriale. E questa questione era per sua natura di interesse nazionale.
Gli irlandesi si risolsero a proibire l’importazione e il consumo dei prodotti industriali inglesi, misura presto adottata in tutta l’isola.
Inoltre la situazione internazionale era favorevole ad un movimento di emancipazione nazionale: l’Inghilterra si trovava in guerra prima con l’America poi con la Francia ed era anche minacciata da una invasione francese. Questa situazione l’indeboliva e l’obbligava a ritirare guarnigioni dall’Irlanda.
Il movimento rivoluzionario in Irlanda si approfondiva e chiariva i suoi rapporti di classe in seno alle comunità e si liberava degli elementi più conservatori e reazionari. Questo sfociò nel 1791 nella formazione della Società degli Irlandesi Uniti, che accoglieva sia cattolici sia protestanti.
«A partire da questo momento, il movimento dei Volontari si fuse con quello degli Irlandesi Uniti. La questione cattolica si trasformò in quella del popolo irlandese. La questione non era più di restituire i diritti alla classe superiore e media dei cattolici, ma di emancipare i contadini irlandesi, che erano in grande maggioranza cattolici» (Marx, “Ireland from the American Revolution to the Union of 1801”).
In queste condizioni l’Inghilterra allentò la sua stretta e fu costretta ad alcune concessioni. Ecco cose scrive Engels in merito nella lettera a Jenny:
«Abolizione della legge penale! La maggior parte fu abolita non nel 1793 ma nel 1778, quando l’Inghilterra era minacciata dalla sollevazione della Repubblica Americana, e la seconda soppressione del 1793, quando la Repubblica Francese divenne una minaccia e l’Inghilterra aveva bisogno di tutti i soldati che poteva richiamare per combatterla!».
In questo periodo l’industria irlandese conobbe un nuovo slancio e la situazione materiale della popolazione migliorava. La legge nei confronti dei cattolici fu ammorbidita, si concesse loro l’affitto delle terre. Una riforma permetterà agli irlandesi tornare a detenere il 20% delle terre.
I rivoluzionari organizzati in Convenzione e nella Società degli Irlandesi Uniti progettavano di sciogliere il parlamento con la forza, di prendersi l’indipendenza e di proclamare la repubblica.
In appoggio alla rivoluzione irlandese il 15 dicembre 1796 una flotta di 45 navi con 13.400 soldati salpò da Brest, ma una terribile tempesta ne impedì lo sbarco e fece fallire l’operazione. Il 21 giugno 1798, senza l’aiuto francese (Napoleone stava combattendo l’Inghilterra... in Egitto), gli Irlandesi Uniti lanciarono l’insurrezione per la repubblica con epicentro Dublino. Decine di migliaia di uomini in armi si sollevarono. Ma, a giudizio di Marx, «i contadini non erano ancora maturi».
Tuttavia le autorità, avvisate da informatori ed imposta la legge marziale, decapitarono in anticipo gran parte dell’organizzazione arrestandone i principali capi. Per mancanza di coordinamento e di centralizzazione, l’insurrezione fallì e presto fu ovunque violentemente schiacciata.
Ristabilito l’ordine il governo inglese ritirerà tutto quello che era stato costretto a concedere e la legge inglese, cioè la vendetta controrivoluzionaria, fu applicata con rigore con l’appoggio delle stato d’assedio. Il parlamento fu sciolto ed imposta l’Unione con la Gran Bretagna.
In conclusione riportiamo questo passaggio di una lettera di Marx ad Engels del 10 dicembre 1869:
«Questo
periodo – 1779-1800 – è del più grande interesse,
scientifically e drammatically. Prima le porcherie degli inglesi del
1588-1589 ripetute (forse anche moltiplicate) nel 1788-1789.
Secondo, entro il movimento irlandese stesso è facilmente
dimostrabile un movimento di classi. Terzo, l’infame politica
di Pitt. Quarto, e questo darà molta noia ai signori
inglesi,
la prova che l’Irlanda fallì perché, in fact, from a
revolutionary
standpoint, gli irlandesi erano troppo avanzati per l’English King
and Church mob [plebaglia attaccata al re e alla chiesa], mentre
d’altra parte, la reazione inglese
in Inghilterra era
radicata (come ai tempi di Cromwell) nel soggiogamento dell’Irlanda.
Questo periodo deve
essere illustrato per lo meno in un
capitolo. John Bull messo alla gogna». Il neretto è nostro.
LA DOMINAZIONE BRITANNICA DOPO IL 1800
1801-1846: Il periodo dei piccoli contadini
L’Unione imposta, la libertà di commercio soppressa, azzerata l’industria che si era sviluppata dal 1778 al 1801 e l’Irlanda di nuovo trasformata in una nazione puramente agraria, costituita in maggioranza di piccoli contadini che dovevano affittare la terra da un pugno di landlord inglesi, 8.000-9.000 grandi proprietari fondiari che possedevano tutte le terre agricole.
Afferma Marx nella conferenza agli immigrati tedeschi:
«Durante la guerra d’indipendenza americana la morsa si era un po’ allentata. Durante la Rivoluzione francese v’erano state altre concessioni. L’Irlanda insorse così risolutamente che il suo popolo minacciava di sorpassare gli inglesi. Il governo inglese li spingeva alla ribellione ed imponeva l’Unione tramite la corruzione. L’Unione portò un colpo mortale alla rinata industria. In una occasione Meagher disse: “tutti i rami dell’industria irlandese sono stati distrutti, e ci rimane solo la costruzione delle bare”. Diviene una necessità vitale disporre di un pezzetto di terra. I grandi proprietari fondiari affittano la terra agli speculatori; la terra passa così da 4-5 intermediari prima di arrivare al contadino, ad un prezzo così sproporzionatamente elevato. La popolazione agraria vive di patate ed acqua; il grano e la carne sono spediti in Inghilterra; la rendita finisce a Londra, Parigi e Firenze. Nel 1836 i proprietari assenteisti hanno inviato all’estero 7 milioni di sterline. I concimi erano esportati insieme ai prodotti e alla rendita, ed il suolo si impoveriva. La carestia scoppiava qua e là, ma è con la malattia della patata del 1846 che la fame è generale: muoiono di fame in un milione. La malattia della patata, prodotto dall’impoverimento del suolo, è stato un risultato della dominazione inglese».
L’Irlanda fu sottomessa e trasformata in una nazione puramente agricola a vantaggio dell’industria britannica e dei landlord, che potevano sfruttare senza pietà gli affittuari.
Scrive Engels in “L’Inghilterra nel 1845 e 1885”:
«La libertà di commercio significava adattare tutta la politica finanziaria e commerciale interna ed estera dell’Inghilterra agli interessi dei capitalisti industriali, classe che agiva ormai in nome della nazione. E questa classe si mise attivamente all’opera. Ogni ostacolo alla produzione industriale era eliminato senza pietà. Le tariffe doganali ed il sistema fiscale furono sconvolti. Tutto si trovò subordinato ad un unico scopo, ma della massima importanza per i capitalisti industriali: ridurre il prezzo delle materie prime e, in particolare, dei mezzi di esistenza della classe operaia, riduzione della spesa per le materie prime e mantenimento ad un basso livello, o abbassamento, dei salari. L’Inghilterra era chiamata a divenire la “fabbrica del mondo”: gli altri paesi dovevano essere per l’Inghilterra quello che era l’Irlanda: uno sbocco per i suoi prodotti industriali, una fonte di materie prime e di alimenti. L’Inghilterra, gran centro industriale in un mondo agricolo, il sole industriale attorno al quale girava un numero crescente di satelliti produttori di grano e di cotone. Che magnifica prospettiva!».
Ecco la bellezza disvelata delle sviluppo capitalista!
Malgrado tutto i contadini irlandesi non si lasciarono schiacciare senza resistenza: si erano formate delle associazioni di contadini che organizzavano, quando possibile, spedizioni per liquidare i landlord ed i loro accoliti.
Il contadiname irlandese, benché il più miserabile e sfruttato di Europa, si organizzava per assumere collettivamente degli insegnanti al fine di dare una educazione ai figli. Per evitare che l’educazione dei bambini restasse in mani irlandesi, nel 1831 il governo inglese introdusse in Irlanda un sistema scolare aperto ai cattolici come ai protestanti.
«Quella scuola veramente nazionale non conviene agli inglesi: per sopprimerla è stata inventata questa parvenza di scuola» (Engels a Jenny Longuet, 24 febbraio 1881).
1846-1870: L’epoca delle sterminio
L’intenso sfruttamento dell’Irlanda da parte dei landlord
portò all’impoverimento del suolo e favorì la diffusione
di una
malattia della patata, la peronospora. Questo parassita distrusse quasi
completamente la coltura locale della patata, alimento base del
contadiname. Ne conseguì dal 1845 al 1852 una terribile carestia
che fece un milione di morti.
A questo si aggiunse nel 1846 la soppressione della inglese Legge sui Grani, che assicurava all’Inghilterra la protezione alla importazione dei cereali. Abolito questo monopolio l’America poté esportare il suo grano in Inghilterra; ma il piccolo contadino irlandese non poteva reggere alla concorrenza della grande agricoltura meccanizzata americana. I landlord, che videro con l’abolizione della “Corn Law” crollare le loro rendite, si misero ad espellere con la forza armata i contadini per sostituirli con montoni, bovini e maiali, per la produzione di carne. Non restò ai contadini che morire di fame, o emigrare verso l’America, se ancora ne avevano i mezzi, o a sollevarsi contro l’oppressione britannica e sterminare i grandi proprietari fondiari.
Passiamo la parola a Marx che nel “Capitale” descrive la trasformazione agraria e sociale che ne seguì (Sezione VII, capitolo 23.5, Illustrazione della legge generale dell’accumulazione capitalistica; f) Irlanda.
«Alla fine di questa sezione dobbiamo
trasferirci
ancora in Irlanda. Anzitutto i dati di fatto che qui importano.
«La popolazione dell’Irlanda era
aumentata nel
1841 a 8.222.664 abitanti, nel 1851 si era ridotta a 6.623.985, nel
1861 a 5.850.309, nel 1866 a cinque milioni e mezzo, all’incirca al
livello del 1801. La diminuzione iniziò nell’anno della fame
1846,
cosicché l’Irlanda in meno di 20 anni perdette più di
cinque
sedicesimi della sua popolazione. La emigrazione complessiva
irlandese ammontò dal maggio 1851 al luglio 1865 a 1.591.487
unità;
l’emigrazione durante gli ultimi cinque anni 1861-1865 a più di
mezzo milione. Il numero delle case abitate dal 1851 al 1861 è
diminuito di 52.990.
«Dal 1851 al 1861 il numero dei fondi
affittati
da 15-30 acri è aumentato di 61.000, quello dei fondi affittati
da
più di 30 acri [1 acro = 0,4 ha] di 109.000, mentre il numero
complessivo di tutte
le
affittanze è diminuito di 120.000, diminuzione dovuta dunque
esclusivamente all’eliminazione delle affittanze al di sotto dei 15
acri, ossia alla loro centralizzazione. Nell’insieme, la
diminuzione della massa della popolazione fu accompagnata
naturalmente da una diminuzione della massa dei prodotti (...)
«Lo spopolamento ha sottratto alla
coltivazione
molta terra, facendo diminuire fortemente i prodotti del suolo (Il
prodotto diminuisce anche relativamente per acro: non si dimentichi
che l’Inghilterra da un secolo e mezzo ha indirettamente esportato
il suolo irlandese, non concedendo ai suoi coltivatori nemmeno
i mezzi per reintegrare i nutrienti costitutivi del suolo).
L’allevamento del bestiame, malgrado l’estensione delle
superficie, ha visto in alcuni suoi rami una diminuzione assoluta, in
altri un progresso quasi insignificante, interrotto da costanti
regressi.
«Nonostante la caduta della popolazione
totale,
le rendite fondiarie e i profitti dei fittavoli sono costantemente
saliti (...)
«Il capitale complessivo dell’Irlanda
investito
al di fuori dell’agricoltura, nell’industria e nel commercio, si
è accumulato lentamente durante gli ultimi due decenni e con
fluttuazioni costanti e forti. Con tanto maggiore rapidità si
è
sviluppata invece la concentrazione delle sue parti costitutive
individuali. Infine, per quanto esiguo il suo aumento assoluto, esso
aveva avuto, relativamente, in proporzione del numero della
popolazione molto ridotto, un forte aumento.
«Qui dunque si svolge, su larga scala e
sotto i
nostri occhi, un processo come l’economia ortodossa non poteva
augurarselo migliore a conferma del suo dogma secondo cui la miseria
nasce dalla sovrappopolazione assoluta e l’equilibrio viene
ristabilito mediante lo spopolamento. È questo un esperimento
molto
più significativo della peste alla metà del secolo XIV
tanto
glorificata dai malthusiani. Un’osservazione: se era ingenuo e
pedantesco applicare ai rapporti di produzione e al corrispondente
movimento della popolazione del secolo XIX un caso preso dal XIV,
quell’ingenuità nemmeno s’era accorta che quella peste e la
decimazione che ne seguì furono accompagnate, di qua della
Manica,
in Inghilterra, dall’emancipazione e dall’arricchimento della
popolazione rurale, invece al di là della Manica, in Francia, da
un
asservimento e da una miseria maggiori.
«La carestia abbatté nel 1846 in
Irlanda più di
un milione di uomini, ma soltanto poveri diavoli. Non pregiudicò
minimamente la ricchezza del paese. L’esodo ventennale che le
seguì
e che ancora aumenta non decimò affatto, come ad esempio la
guerra
dei Trent’anni, i mezzi di produzione assieme agli uomini. Il genio
irlandese escogitò un metodo nuovissimo per far volar via
d’incanto
una popolazione povera a mille miglia dalla scena della sua miseria.
Gli emigrati che si sono trasferiti negli Stati Uniti mandano a casa
ogni anno delle somme di denaro che sono i costi del viaggio per
coloro che sono rimasti. Ogni scaglione che emigra quest’anno, se
ne tira dietro un altro l’anno prossimo. In tal modo, invece di
causare spese all’Irlanda, l’emigrazione costituisce uno dei rami
più proficui del suo commercio di esportazione. Essa è,
infine, un
processo sistematico che non si limita a creare vuoti transitori
nella massa della popolazione, ma ne pompa annualmente un numero di
uomini maggiore di quello che è reintegrato dalle nuove
generazioni,
cosicché il livello assoluto della popolazione scende di anno in
anno.
«Quali sono state le conseguenze per i
rimasti,
per gli operai d’Irlanda liberati dalla sovrappopolazione? Eccole:
la sovrappopolazione relativa è eguale oggi a quella che
si
aveva prima del 1846, cosicché i salari sono bassi come prima e
la
durezza del lavoro è aumentata; la miseria nelle campagne
risospinge
a una nuova crisi. Le cause sono semplici. La
rivoluzione nell’agricoltura è proceduta di pari passo con
l’emigrazione. La produzione della sovrappopolazione relativa
è stata anche più rapida dello spopolamento assoluto.
«La trasformazione della coltivazione
della terra
arabile in pascolo non può non avere in Irlanda un effetto anche
più
aspro che in Inghilterra. Qui le coltivazioni ortive aumentano con
l’aumento dell’allevamento del bestiame, là diminuiscono. Mentre
vaste estensioni di campi prima coltivati ora sono lasciate incolte o
trasformate in erbai permanenti, gran parte del suolo già
sterile e
abbandonato e del terreno torboso serve all’estensione
dell’allevamento del bestiame. I fittavoli piccoli e medi — fra
di essi comprendo tutti coloro che non coltivano più di 100 acri
—
costituiscono tuttora all’incirca gli otto decimi del numero
complessivo. Essi sono schiacciati sempre più dalla concorrenza
dell’agricoltura esercitata capitalisticamente: e perciò
forniscono costantemente nuove reclute alla classe dei salariati.
«All’unica grande industria
dell’Irlanda, la
fabbricazione del lino, occorrono relativamente pochi uomini adulti,
e in genere si può dire che essa occupa, malgrado la sua
espansione
dopo il rincaro del cotone nel 1861-66, solo una parte relativamente
insignificante della popolazione. Come ogni altra grande industria,
quella del lino, a causa delle continue oscillazioni, produce
costantemente entro la propria sfera una sovrappopolazione relativa,
anche se la massa umana che assorbe aumenta in assoluto. La
miseria della popolazione rurale costituisce il piedistallo di
gigantesche fabbriche di camicie ecc., il cui esercito operaio è
disseminato per la maggior parte nelle campagne. Ritroviamo qui
il sistema di lavoro a domicilio che abbiamo già descritto, e
che
nel pagamento al di sotto del minimo e nell’eccesso di lavoro
possiede i suoi mezzi metodici per “mettere in esubero” gli
operai.
«Infine lo spopolamento, benché
non abbia le
stesse conseguenze devastanti che in un paese a produzione
capitalistica sviluppata, non manca di provocare ripercussioni sul
mercato interno. Il vuoto creato dall’emigrazione restringe non
soltanto la domanda locale di lavoro, ma anche le entrate dei piccoli
bottegai, degli artigiani, dei piccoli industriali, ecc., cioè
della
piccola borghesia. Quindi diminuzione della classe di entrate fra le
sessanta e le cento sterline.
«Una lucida esposizione della situazione
dei
giornalieri rurali in Irlanda si trova nelle relazioni del 1870 degli
Ispettori irlandesi per l’assistenza ai poveri, Funzionari di un
governo che si regge solo con le baionette e con uno stato d’assedio
ora aperto, ora mascherato, devono usare nel loro linguaggio
tutti quei riguardi che i loro colleghi in Inghilterra disprezzano;
ciò malgrado non permettono al loro governo di cullarsi in
illusioni.
«Secondo loro il saggio del salario,
tuttora molto basso
nelle campagne, è tuttavia aumentato negli ultimi venti anni del
cinquanta e fino al sessanta per cento, ed è ora in media da sei
e
fino a nove scellini la settimana. Però, dietro a questo aumento
apparente si nasconde una diminuzione reale del salario, poiché
nemmeno compensa l’aumento del prezzo dei mezzi di sussistenza che
si è avuto nel frattempo (...) Il prezzo degli alimenti è
quasi il
doppio di quello di venti anni fa e quello del vestiario esattamente
il doppio.
«Ma anche prescindendo da questa
sproporzione, un
semplice raffronto del saggio del salario espresso in denaro sarebbe
ben lontano dal dare un risultato esatto. Prima della carestia la
gran massa dei salari rurali era pagata in natura, e in denaro solo
in minima parte; oggi il pagamento in denaro è la regola.
Già da
questo consegue che, qualunque fosse il movimento del salario reale,
il suo importo in moneta doveva aumentare. “Prima della carestia il
giornaliero agricolo possedeva un pezzetto di terra sul quale
coltivava patate e allevava maiali e pollame. Oggi non solo deve
comprare tutti i suoi mezzi di sussistenza, ma gli mancano anche le
entrate derivanti dalla vendita di suini, pollame e uova”.
«Effettivamente in passato i lavoratori
agricoli
finivano per far tutt’uno coi piccoli fittavoli e per lo più
costituivano semplicemente la retroguardia delle affittanze medie e
grandi, nelle quali trovavano occupazione. Soltanto a partire dalla
catastrofe del 1846 avevano cominciato a costituire una frazione
della classe dei salariati puri e semplici, un ceto particolare che
è
ormai legato ai propri padroni soltanto da rapporti di denaro.
«Sappiamo quali fossero le condizioni
d’alloggio
degli operai agricoli irlandesi nel 1846. Da allora le cose sono
ancora peggiorate. Una parte dei giornalieri agricoli, che però
va
diminuendo di giorno in giorno, abita ancora sulle terre dei
fittavoli in capanne sovraffollate, i cui orrori superano di gran
lunga il peggio che a questo riguardo ci hanno rivelato i distretti
rurali inglesi (...) “È – esclama uno degli ispettori – una
vergogna per la religione e per la civiltà di questo paese”. Per
rendere più tollerabile ai giornalieri l’alloggio nei loro
antri,
si confiscano sistematicamente i pezzetti di terreno che ne sono
dotazione da tempi immemorabili. “La consapevolezza di questa
specie di bando al quale sono posti dai padroni del fondo e dai loro
amministratori ha destato nei giornalieri agricoli i corrispondenti
sentimenti di antagonismo e di odio contro coloro che li trattano
come una razza proscritta”.
«Il primo atto della rivoluzione
nell’agricoltura
fu di spazzar via su scala larghissima, e come obbedendo a una parola
d’ordine dall’alto, le capanne situate sui campi di lavoro. Così
molti lavoratori furono costretti a cercar rifugio in villaggi e in
città, dove venivano gettati come spazzatura in soffitte, antri,
cantine e nei cantucci dei quartieri peggiori. Migliaia di famiglie
irlandesi, che anche in base alla testimonianza di inglesi imbevuti
di pregiudizi nazionali si distinguevano per il loro raro
attaccamento al focolare, per la loro spensierata allegria e per la
purezza dei loro costumi domestici, si trovavano così
improvvisamente trapiantate nei vivai del vizio. Gli uomini devono
ora cercare lavoro presso i fittavoli vicini e sono arruolati solo a
giornata, quindi con la forma di salario più precaria. E per di
più
“devono percorrere molta strada per andare e tornare dal fondo,
spesso bagnati fradici, ed esposti ad altri malanni che di frequente
determinano indebolimento, malattie e nuova miseria” (...)
«La precarietà e
l’irregolarità
dell’occupazione, le interruzioni del lavoro ritornanti e frequenti
e la loro lunga durata, tutti questi sintomi di una sovrappopolazione
relativa, figurano quindi nelle relazioni degli ispettori per
l’assistenza ai poveri come altrettante lamentele del proletariato
agricolo irlandese. Si ricorderà che fenomeni analoghi sono
stati
riscontrati parlando del proletariato rurale inglese. Ma la
differenza è questa: in Inghilterra, paese industriale, la
riserva
industriale si recluta in campagna, mentre in Irlanda, paese
agricolo, la riserva agricola si recluta nelle città, rifugio
dei
lavoratori rurali scacciati dalla campagna. In Inghilterra, coloro
che sono in soprannumero nell’agricoltura si trasformano in operai
di fabbrica; in Irlanda, coloro che sono cacciati nelle città
rimangono lavoratori rurali premendo allo stesso tempo sui salari
delle città e sono costantemente rimandati in campagna in cerca
di
lavoro.
«I relatori ufficiali così
riassumono la
situazione materiale dei giornalieri agricoli: “Benché vivano
con
estrema frugalità, tuttavia il loro salario è a mala pena
sufficiente a procurare nutrimento ed alloggio per loro e per le loro
famiglie; per il vestiario hanno bisogno di altre entrate...
L’atmosfera delle loro abitazioni, in aggiunta alle altre
privazioni, espone gravemente questa classe al tifo e alla tisi”.
Di conseguenza non fa meraviglia che, a testimonianza unanime degli
Ispettori, un cupo scontento penetri le schiere di questa classe, che
essa desideri il ritorno del passato, aborra il presente e disperi
del futuro, “si abbandoni alle riprovevoli influenze di demagoghi”,
e abbia l’unica idea fissa di emigrare in America. Ecco la terra di
Bengodi nella quale la grande panacea malthusiana, lo spopolamento,
ha trasformato la verde Erin! (...)
«La parte del leone del reddito annuo
nazionale
che un numero estremamente esiguo di magnati terrieri ingoia in
Inghilterra, Scozia e in Irlanda, è così enorme che
la saggezza
dello Stato inglese trova opportuno non fornire per la distribuzione
della rendita fondiaria gli stessi dati
statistici di quelli sulla ripartizione del profitto.
Lord Dufferin è uno di questi Leviatani. Che i ruoli delle
rendite
fondiarie, dei profitti industriali e commerciali, gli interessi,
ecc. possano mai essere “in esubero”, o che la loro
pletora di ricchezza sia in qualche modo connessa alla pletora della
miseria, è naturalmente un’idea tanto stravagante quanto malsana
(unsound): Sua Signoria si attiene ai fatti. E il fatto
è
che mano a mano che diminuisce il numero della popolazione irlandese,
i ruoli della rendita fondiaria si gonfiano, che lo spopolamento
“fa del bene” al padrone della terra, quindi anche alla terra,
quindi anche al popolo della quale non sarebbe che un accessorio.
Egli dichiara dunque che in Irlanda vi sono ancora troppi
irlandesi e che la fiumana dell’emigrazione scorre troppo
lentamente. Per essere pienamente felice, l’Irlanda dovrebbe
disfarsi ancora per lo meno di un terzo di milione di contadini. E
non si pensi che questo Lord, che per giunta è anche poetico,
sia un
medico della scuola del Sangrado il quale, quando trovava che il
paziente non era migliorato, ordinava un salasso, e poi un altro
salasso, finché al paziente non restava più né il
sangue né la
malattia. No, Lord Dufferin non chiede che 450.000 vittime, invece di
2 milioni, senza la cui eliminazione infatti non è possibile
attuare
il Millennio in Erin.
«La prova è preso fatta (...) Dal
1851 al 1861
la centralizzazione ha distrutto maggiormente le affittanze delle
prime tre categorie, da un acro a quindici, sono queste che devono
scomparire per prime. Ne risultano 307.058 fittavoli in
eccesso, e calcolando per famiglia la bassa media di quattro teste,
vi sarebbero attualmente 1.228.232 “sovrannumerari”. Con
la stravagante supposizione che un quarto di essi sia di nuovo
assorbibile a rivoluzione agricola avvenuta, rimangono destinati
all’emigrazione 921.174 uomini. Le categorie 4, 5 e 6,
superiori ai quindici acri e non oltre i cento, come tutti sanno in
Inghilterra, sono incompatibili con la cerealicoltura capitalistica e
non sono nemmeno da contare per l’allevamento degli ovini. Date le
premesse, se ne deve andare un altro contingente di 788.761
individui; in totale 1.709.532.
E, comme l’appetit vient en mangeant, i grossi terrieri presto non
mancheranno di scoprire che l’Irlanda, con tre milioni e
mezzo di abitanti, è ancor sempre miserabile, e miserabile
perché
sovraccarica di irlandesi. Bisogna quindi spopolarla
affinché adempia alla sua vera missione, che è quella di
formare un
immenso pascolo, un erbaggio abbastanza vasto per soddisfare la fame
divorante dei suoi vampiri inglesi.
«Questo metodo redditizio
ha, come ogni cosa buona di questo mondo, il suo inconveniente. Con
l’accumulazione della rendita fondiaria in Irlanda procede di pari
passo l’accumulazione degli irlandesi negli Stati Uniti.
L’irlandese cacciato dai buoi e dai montoni riappare al di là
dell’Atlantico nella forma di feniano».
Aggiungiamo qui da una lettera di Marx ad Engels del 8 novembre 1867:
«Come l’Inghilterra conduce la cosa è evidente dalle “Statistiche Agrarie” di quest’anno uscite pochi giorni fa. Ed anche la questione degli sfratti. Il Viceré in Irlanda, Lord Abercorn, ha “ripulito” i suoi possedimenti nelle scorse settimane sfrattando con la forza migliaia di uomini. Fra questi erano dei ricchi affittuari, le migliorie e gli investimenti dei quali anche sono stati così confiscati! In nessun paese europeo la legge sugli stranieri prevede questa forma di espropriazione diretta in massa della popolazione. I russi confiscano solo per motivi politici; i prussiani nella Prussia occidentale pagano [ciò che espropriano]».
La rivoluzione agraria ha implicato una diminuzione del numero dei piccoli contadini, benché questi ultimi restassero ancora maggioritari, ed un aumento delle fattorie di maggiore estensione, in particolare più di 30 acri e quindi l’apparizione di una borghesia contadina capace di impiegare uno o due operai agricoli, come più tardi in Russia con i kulachi, e nello stesso tempo il formarsi di un proletariato agricolo.
Questa terribile situazione determinava un fermento rivoluzionario in seno al contadiname, soprattutto fra i contadini piccoli e medi e nel proletariato agricolo. Il movimento dei feniani, ai quali fa allusione Marx, che dirigevano la lotta contro i colonizzatori inglesi, aveva avuto origine fra gli irlandesi emigrati negli Stati Uniti, ma il movimento era profondamente radicato nella massa della popolazione irlandese, cioè fra i contadini. Questo movimento dovette essere ateo perché la Chiesa in un primo tempo l’aveva condannato, per ravvedersi quando si rese conto che rischiava di perdere ogni influenza sulle masse contadine. A differenza dei precedenti movimenti contadini, che avevano preso a guida naturale l’aristocrazia irlandese, o la borghesia, i feniani ignoravano l’autorità della Chiesa e della classe dominante irlandese, ed erano prima di tutto un movimento popolare.
Riportiamo qui un lungo testo di Engels che fa un riassunto storico delle lotte condotte dal contadiname contro il suo oppressore. È “A proposito della questione irlandese”, pubblicato in Der Sozialdemokrat n. 29, 13 luglio 1882. Vedi anche la lettera del 26 giugno a Berstein.
«Il movimento in Irlanda presenta due
correnti.
La prima, la più antica, è la corrente agraria,
cioè
l’antico brigantaggio organizzato, con l’appoggio dei contadini, i
capi dei clan spossessati dagli inglesi ed in alleanza con i grandi
proprietari cattolici (nel XVII secolo questi briganti si chiamavano
tory, da cui il nome dei Tory attuale); ma questo
movimento, diviso per località e per provincia, si trasforma
gradualmente in resistenza spontanea dei contadini alla penetrazione
di signori agrari inglesi. I nomi sono cambiati, Ribbonem, White
boys, Captain Rock, Captain Moonlight, ecc., come la forma della
resistenza: assassinii le cui vittime non erano solo gli aborriti
landlord ed i loro agenti (esattori degli affitti), ma anche i
contadini che avevano occupato una fattoria dalla quale un altro era
stato cacciato, boicottaggi, lettere minatorie, attacchi notturni ed
intimidazioni, ecc., tutto questo è vecchio quanto la
proprietà
fondiaria attuale degli inglesi in Irlanda e data quindi, al più
tardi, dalla fine del XVII secolo. Questa forma di resistenza
è
irrefrenabile, non si può soffocare con la forza e non
sparirà che
con le sue cause. Ma per sua natura è locale, isolata,
e non potrà mai diventare una forma generale di lotta politica.
«Poco dopo
l’Unione (1800) comincia l’opposizione liberale nazionale
della borghesia cittadina che,
come in ogni paese agrario, nelle città impoverite, per esempio
in
Danimarca, aveva trovato i suoi capi naturali nelle persone degli
avvocati. Questi
hanno, a loro volta, bisogno dei contadini; così debbono
inventarsi
delle parole d’ordine che i contadini approvino. È così
che
O’Connell ne ha
trovato prima una nella Emancipazione cattolica,
poi nella Revoca dell’atto di Unione.
Le infamie dei proprietari fondiari hanno recentemente condotto
questa corrente a cambiare di orientamento. Mentre che nel campo
sociale la Lega
Agraria tende ad obbiettivi più
rivoluzionari (ed accessibili nel caso attuale): l’eliminazione
totale dei landlord invasori, politicamente
si mostra assi moderata e non chiede che lo Home Rule, cioè un
parlamento locale irlandese, che funzioni a lato del parlamento
britannico e ad esso subordinato. Questo è perfettamente
accessibile
per via costituzionale. I proprietari spaventati gridano che è
tempo
(i tory stessi lo propongono) di effettuare il riscatto della terra
contadina, per farne la parte del leone. D’altronde Gladstone
dichiara del tutto ammissibile concedere una maggiore autonomia
all’Irlanda. [Gladstone, politico
e primo ministro britannico, acceso conservatore, già legato
ai Tories, e che si era opposto all’abolizione della
schiavitù ed alle prime misure sociali, divenne poi un
liberale. Sostenne la soppressione delle "corn
laws" richiesta dagli industriali per poter
abbassare i salari, e ridusse i privilegi della Chiesa anglicana
in Irlanda].
«Fra queste due correnti si afferma,
dopo la
guerra civile americana, il movimento feniano. Centinaia di
migliaia di soldati ed ufficiali irlandesi che avevano partecipato a
quella guerra lo avevano fatto con l’intenzione di preparare un
esercito per la liberazione dell’Irlanda. I litigi anglo-americani
che seguirono la guerra di Secessione furono il principale punto di
forza dei feniani. Per poco che la guerra fosse scoppiata fra i due
paesi, l’Irlanda sarebbe divenuta in pochi mesi membro degli Stati
Uniti, o almeno una repubblica sotto il loro protettorato. La somma
che l’Inghilterra pagò di buon grado per l’affaire
dell’Alabama,
in virtù dell’arbitrato di Ginevra, furono il prezzo del
non-intervento degli americani in Irlanda».
L’affare dell’Alabama: all’epoca della guerra di Secessione (1861-1865) l’Inghilterra, per frenare lo sviluppo industriale degli Stati del Nord, fornì aiuti militari e finanziari agli Stati del Sud. In particolarmente inviò alla marina sudista alcune navi da guerra che recarono un grave danno ai nordisti affondando i loro mercantili. L’Alabama aveva affondato 70 navi. A guerra finita il governo americano chiese il risarcimento per quei danni: il Tribunale di Ginevra condannò la Gran Bretagna a pagare 15,5 milioni di dollari.
3. LA QUESTIONE IRLANDESE NELLA PRIMA INTERNAZIONALE
Fino al 1867
Marx ed Engels avevano pensato che la rivoluzione socialista in
Inghilterra avrebbe risolto la questione irlandese mettendo fino alla
sua schiavitù sotto l’Inghilterra. A partire da quella data Marx
riconosce che le immense ricchezze che traeva dall’Irlanda, e dalle
sue colonie in generale, permettevano all’Inghilterra di corrompere
una parte del proletariato inglese, la famosa aristocrazia operaia.
Quest’ultima, di mentalità sciovinista, sposava le posizioni
imperialiste della
propria borghesia e diffondeva nei ranghi del proletariato inglese
una ideologia piccolo borghese. Inoltre l’immensa rendita che
l’aristocrazia terriera inglese – i landlord – ricavavano
dall’Irlanda davano alla borghesia inglese una considerevole forza
materiale, politica e
morale su tutta la società. In Inghilterra si dava questa
gerarchia: alcuni delegati operai in parlamento si facevano i
valletti dei liberali, che rappresentavano gli interessi degli
industriali, e questi ultimi si facevano i valletti dei proprietari
fondiari. Una buona parte del proletariato in Inghilterra era
irlandese. Lo sciovinismo e l’arroganza di una parte del
proletariato inglese attizzava l’odio entro queste due frazioni della
classe operaia impedendo ogni unità fra di loro. Odio beninteso
attizzato dalla borghesia.
Così a Marx e ad Engels divenne evidente che l’indipendenza dell’Irlanda, o almeno una larga autonomia e quindi l’uscita dall’Unione, era una precondizione ad ogni rivoluzione sociale in Inghilterra. In un’Irlanda divenuta indipendente, o almeno avendo acquistato una larga indipendenza uscendo dall’Unione, sarebbe presto scoppiata una rivoluzione sociale per la espropriazione dei landlord, questione questa di vita o di morte per la gran massa dei contadini. L’espropriazione dei landlord in Irlanda avrebbe portato un colpo mortale al landlordismo anche in Inghilterra ed indebolito notevolmente questo pilastro della controrivoluzione. Il che avrebbe portato un soffio rivoluzionario su tutta l’Inghilterra e messo in moto la lotta di classe. L’indipendenza dell’Irlanda avrebbe nello stesso tempo liberato il proletariato inglese dalla sua soggezioni alla borghesia inglese.
È per questo che Marx ed Engels nella Prima Internazionale sostenevano ogni movimento per lo scioglimento dell’Unione e chiamavano il proletariato inglese ad appoggiare l’uscita dell’Irlanda dall’Unione. Dopo la dissoluzione dell’Internazionale torneranno costantemente sulla necessità dell’indipendenza dell’Irlanda.
Nella scelta dei testi da citare sull’argomento c’è l’imbarazzo della scelta e qui riportiamo per la sua chiarezza una lettera di Marx a Sigfrid Meyer e August Vogt, a New York, del 9 aprile 1870:
«Dopo essermi occupato per anni della
questione
irlandese sono venuto alla conclusione che il colpo decisivo contro
le classi dominanti in Inghilterra (e sarà decisivo per il
movimento
operaio all over the world), deve essere portato non in
Inghilterra ma soltanto in
Irlanda.
«Il 1° gennaio 1870 il Consiglio
Generale ha
pubblicato una circolare confidenziale scritta da me in francese
(perché solo i giornali francesi, e non i tedeschi, hanno
risonanza
in Inghilterra) sulla relazione fra la lotta nazionale irlandese e
l’emancipazione della classe operaia, e quindi sull’atteggiamento che
l’Associazione Internazionale dovrebbe assumere nei confronti della
questione irlandese. Vi darò qui del tutto in sintesi i punti
salienti.
«L’Irlanda è
il bastione dell’aristocrazia
agraria inglese. Lo
sfruttamento di quel paese non è solo la principale fonte del
suo
benessere materiale; è anche la sua maggiore forza morale. Essa,
di
fatto, rappresenta la dominazione
sull’Irlanda. L’Irlanda
è quindi lo strumento principale col quale l’aristocrazia
inglese
mantiene il suo dominio
nella stessa Inghilterra.
«D’altro lato, se domani l’esercito
inglese e la
polizia fossero richiamati dall’Irlanda, avremmo subito una
rivoluzione agraria in Irlanda. Ma la caduta dell’aristocrazia
inglese in Irlanda implica ed ha per necessaria conseguenza la sua
caduta in Inghilterra. E questo produrrebbe le condizioni preliminari
della rivoluziona proletaria in Inghilterra. La distruzione
dell’aristocrazia terriera inglese in Irlanda è un’operazione
infinitamente più facile che nella stessa Inghilterra,
perché in
Irlanda la questione della terra è stata fino ad ora la forma
esclusiva della questione sociale, perché è una
questione
essenziale, di vita o di morte, per l’immensa maggioranza del popolo
irlandese, e perché è allo stesso tempo inseparabile
dalla
questione nazionale. A parte il fatto che il carattere
irlandese è più passionale e rivoluzionario di quello
dell’inglese.
«Riguardo la borghesia inglese,
primo, ha
un comune interesse con l’aristocrazia inglese nel trasformare
l’Irlanda in terra da pascolo che provveda for the English market
carne e lana al prezzo minore possibile. È del pari interessata
a
ridurre la popolazione irlandese, con gli sfratti e
l’emigrazione forzata, ad un numero così piccolo che il capitale
inglese (capitale investito nell’agricoltura) possa funzionare
colà in “sicurezza”. Ha lo stesso interesse nel ripulire i
possedimenti dell’Irlanda come lo aveva “clearing of the
agricultural districts of England and Scotland”. Le
6.000-10.000 sterline di reddito che gli absentees ed altri
attualmente fanno finire annualmente a Londra devono anche essere
presi in conto.
«Ma la borghesia inglese ha anche molto
maggiori
interessi nella presente economia dell’Irlanda. A causa della sempre
crescente concentrazione delle affittanze, l’Irlanda costantemente
invia il suo surplus sul Labour market del lavoro inglese, è
così
spinge giù le wages ed abbassa la posizione materiale e morale
della
classe operaia inglese.
«Ed ora la cosa più importante di
tutte!! Ogni
centro industriale e commerciale in Inghilterra oggi possiede una
classe operaia divisa in due campi ostili, i proletari inglesi
e i proletari irlandesi. Il comune operaio inglese odia l’operaio
irlandese come un concorrente che abbassa il suo standard of life.
A fronte dell’operaio irlandese considera se stesso membro della
nazione dominante e conseguentemente diventa uno strumento
degli aristocratici e dei capitalisti inglesi contro l’Irlanda,
così rafforzando la dominazione su se stesso. Esso nutre
pregiudizi religiosi, sociali e nazionali contro il lavoratore
irlandese. Il suo atteggiamento verso di lui è in molto lo
stesso
dei poor whites nei confronti dei niggers
nei vecchi stati schiavisti dell’Unione americana. L’irlandese lo
ripaga con gli
interessi. Vede nell’operaio inglese sia il complice sia lo
idiota strumento dei dominanti inglesi in Irlanda.
«Questo antagonismo è
artificialmente tenuto in
vita ed intensificato dalla stampa, dal pulpito, dai giornali
satirici, in breve con tutti i mezzi a disposizione delle classi
dominanti. Questo antagonismo è il segreto dell’impotenza
della classe operaia inglese, nonostante la sua organizzazione.
È
il segreto con quale la classe capitalista mantiene il suo potere. Ed
è del tutto cosciente di questo.
«Ma il male non finisce qui. Attraversa
l’oceano.
L’antagonismo fra inglesi ed irlandesi è la base nascosta del
conflitto fra gli Stati Uniti e l’Inghilterra. Rende
impossibile ogni sincera e seria cooperazione fra le classi operaie
dei due paesi. Permette ai governi di entrambi i paesi, ogni volta
loro aggrada, di stemperare il conflitto sociale provocandosi, e, in
caso di
necessità, facendosi la guerra.
«L’Inghilterra, la metropoli del
capitale, la
potenza che fino ad oggi ha dominato il mercato mondiale, è
presentemente il paese più importante per la rivoluzione degli
operai, ed inoltre l’unico paese nel quale le condizioni
materiali per questa rivoluzione hanno ricevuto un certo grado di
maturità. Conseguentemente lo scopo più importante
dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori è di affrettare
la
rivoluzione sociale in Inghilterra. L’unico mezzo per affrettarla
è
rendere l’Irlanda indipendente. È quindi compito
dell’Internazionale
ovunque mettere in evidenza il conflitto fra l’Inghilterra e
l’Irlanda, ed ovunque mettersi dalla parte dell’Irlanda. È
compito
speciale del Consiglio Centrale in Londra far comprendere agli operai
inglesi che per essi l’emancipazione nazionale dell’Irlanda
non è una questione di giustizia astratta o di sentimento
umanitario, ma la prima condizione della loro medesima
emancipazione sociale.
«Questi sono approssimativamente i punti
principali della lettera circolare, che allo stesso tempo dà le
raisons d’être della
risoluzione approvata dal Consiglio Centrale sull’amnistia irlandese.
Poco dopo mandai all’ Internationale
(organo del nostro Comitato Centrale belga a Bruxelles) un energico
articolo anonimo sul trattamento dei feniani da parte degli inglesi,
ecc. attaccando Gladstone, ecc. In questo articolo ho anche
denunciato i Repubblicani francesi (la Maseillaise
ha stampato una serie di sciocchezze sull’Irlanda scritte qui dal
povero Talandier) perché versano nel loro egoismo nazionale
tutta la
loro iracondia nei
confronti dell’Impero.
«Questo ha funzionato. Mia figlia Jenny
ha
scritto una serie di articoli sulla Maseillaise, firmandoli J.
Williams (si è chiamata Jenny Williams nella sua lettera privata
alla redazione) e ha pubblicato, fra gli altri, la lettera di
O’Donovan Rossa. Da qui gran clamore.
«Dopo molti anni di cinici rifiuti
Gladstone
fu quindi finalmente costretto a concedere una inchiesta
parlamentare sul trattamento dei fenian prisoners. Jenny è
ora
per la Maseillaise il corrispondente fisso sugli Irish
affairs. (Questo deve essere naturalmente un segreto fra di noi).
Il governo e la stampa inglesi sono infuriati perché la
questione
irlandese è ora sull’agenda in Francia e che questi
furfanti
sono ora sotto osservazione tramite Parigi in tutto il continente.
«Con lo stesso colpo abbiano ottenuto
anche di
costringere i capi irlandesi, i giornalisti, ecc. a Dublino a
prendere contatto con noi, cosa che il General Council era
finora stato incapace di ottenere!
«Voi avete ampio campo in America per
lavorare
sulla stessa linea. Una coalizione di operai tedeschi con gli
operai irlandesi (naturalmente insieme ad operai inglesi ed
americani che siano pronti ad associarsi) è il più grande
risultato
che ora potreste ottenere. Questo deve esser fatto nel nome
dell’Internazionale. Il significato sociale della questione irlandese
deve essere chiarito.
«Assai presto delle precisazioni sugli
operai
inglesi. Salute e fraternità!».
La lettera è lunga, ma quanto edificante e non potrebbe essere più chiara: è di prima necessità per l’Internazionale sostenere con tutti i mezzi l’indipendenza dell’Irlanda. Una Irlanda indipendente avrebbe comportato un forte indebolimento dell’aristocrazia inglese: Marx parla di “colpo mortale”. La rivoluzione agraria in Irlanda avrebbe costretto il proletariato inglese ad affrontare la propria borghesia per un aumento dei salari. Per la ventata rivoluzionaria che avrebbe spazzato l’Isola maggiore, l’indipendenza dell’Irlanda avrebbe radicalizzato la lotta di classe e vi avrebbe aumentato l’influenza del socialismo.
Marx previde anche il programma che una Irlanda indipendente sarebbe stata condotta ad applicare. Scriveva ad Engels, il 30 novembre 1867: «Si domanda, che cosa dobbiamo
consigliare noi
agli operai inglesi? A mio parere essi debbono fare del repeal
dell’Unione (in breve lo spirito del 1783, ma soltanto
democratizzato e reso adatto alle condizioni attuali) un articolo del
loro pronunziamento. È questa l’unica forma legale,
e
perciò l’unica possibile, dell’emancipazione irlandese, che
possa
entrare nel programma di un partito inglese. L’esperienza
dovrà poi dimostrare se fra i due paesi possa continuare ad
esistere
un’unione puramente personale. Io lo credo a metà, se ciò
avviene a
tempo giusto.
«Quello di cui
gli irlandesi abbisognano è: «1) autogoverno e
indipendenza
dall’Inghilterra; 2) rivoluzione agraria. Gli inglesi, pur con la
miglior buona volontà, non possono farla per loro, ma possono
dar
loro i mezzi legali perché la compiano da soli; 3) protezione
doganale contro l’Inghilterra».
Alla seduta del 14 maggio 1872 del General Council londinese – del quale si sono conservate le minute tenute con proletaria e comunistica premura e precisione – si tenne una importante discussione sulla questione irlandese. In questa seduta, a due delegati inglesi, che proponevano una mozione che mirava a vietare, sotto pretesto di internazionalismo, agli operai irlandesi il diritto di organizzarsi in sezioni separate e di prendere per centro Dublino e non Londra, Engels fece questa osservazione :
Dapprima il “cittadino” McDonnell riferisce dei progressi dell’Associazione in Irlanda e dà lettura della corrispondenza da Dublino. Interviene poi il “cittadino” Hales ed afferma che «la formazione di sezioni nazionali irlandesi in Inghilterra è in contraddizione con le Regole e i principi dell’Associazione, che tendono a combattere ogni parvenza di nazionalismo e a rimuovere le barriere fra gli uomini». Aggiunge che «l’Internazionale non dovrebbe esprimersi sulla liberazione dell’Irlanda né sulla preferenza per una particolare forma di governo, sia in Inghilterra sia in Irlanda». Mottershead, «pur riconoscendo la logica in astratto della mozione di Hales, ne depreca lo spirito nel quale è concepita, ben dimostrato dall’animosità con cui è stata difesa; dichiara quindi che voterà invece una mozione raccomandata dai membri inglesi tendente a che siano coltivati sentimenti di fraternità nei confronti dei membri irlandesi. Conosce troppo bene, purtroppo, come gli inglesi delle classi incolte trattano i loro fratelli irlandesi, come immigrati in terra straniera e guardati dall’alto in basso».
Interviene quindi il “cittadino Engels”:
«Il vero scopo della mozione, messa da parte ogni ipocrisia, è sottomettere le sezioni irlandesi al Consiglio Federale Britannico, una cosa che le sezioni irlandesi non consentiranno mai, e che il Consiglio [Generale] non ha né il diritto né il potere di imporre (...) Le sezioni irlandesi in Inghilterra non sono sotto la giurisdizione del Consiglio Federale Inglese più di quanto lo siano in questo paese quelle francesi, tedesche, italiane o polacche. Quella irlandese costituisce una nazionalità a sé, ed il fatto che essi usano l’inglese non deve privarli dei loro diritti. Il cittadino Hales ha parlato dei rapporti fra Inghilterra ed Irlanda come se fossero della più idilliaca natura ed armonia. È un fatto che dopo sette secoli di conquista inglese dell’Irlanda, e fintanto quella oppressione perdura, sarebbe un insulto ai lavoratori irlandesi chieder loro di sottomettersi al Consiglio Federale Inglese. La posizione dell’Irlanda nei confronti dell’Inghilterra non è alla pari, ma quella della Polonia di fronte alla Russia. Cosa si dovrebbe dire se il Consiglio chiamasse le sezioni polacche a riconoscere la supremazia del Consiglio di Pietroburgo, o le sezioni del Nord Schleswig e alsaziane a sottomettersi al Consiglio di Berlino? Ed è proprio quello che la mozione chiede. Si chiede al popolo conquistato di scordarsi della sua nazionalità per sottomettersi ai conquistatori. Non è internazionalismo, ma pura sottomissione. Se i promotori della mozione sono così traboccanti di vero spirito internazionale, ne diano prova trasferendo la sede del Consiglio Federale Inglese a Dublino sottomettendosi al Consiglio degli irlandesi. In un caso come quello irlandese, il vero internazionalismo deve necessariamente basarsi su di una organizzazione nazionale separata, ed essi sono nella necessità di dichiarare nel preambolo alle loro regole che il loro primo e pressante dovere come irlandesi è di stabilire la loro indipendenza nazionale» (Abbiamo sottolineato noi i passaggi chiave).
Esistono tempi e luoghi nei quali per superare i nazionalismi non basta, ed è controproducente e controrivoluzionario, banalmente negarli.
Per quanto riguarda l’organizzazione interna dell’Internazionale occorre tener presente che ci trovavamo allora in una “Associazione”, per motivi storici formatasi e funzionante, come sappiamo, su base federale, una espressione necessariamente immatura di partito di classe. La questione delle sezioni nazionali non si porrà più, o non si sarebbe dovuta porre, nella Terza Internazionale, né a maggior ragione nel futuro partito comunista mondiale, al quale aderiscono non tedeschi, irlandesi o inglesi, ma indistintamente comunisti, tendenti a rinnegare ogni loro personale educazione nei nodi di questa società. Il partito considera e ha ben presente la complessità e il grande peso delle sopravvivenze storiche borghesi e preborghesi, la loro successione e la dinamica degli urti sociali che inevitabilmente provocano, ma non ne è parte, non lo attraversano, e si mantiene nel suo programma, nella sua organizzazione interna e nello scontro sociale ad esse tutte separato e superiore, anche quando le considerasse progressive. E tale era, ovviamente, anche il convincimento e l’indirizzo di Marx e di Engels.
Dopo l’annientamento della Comune di Parigi si ebbe, col trionfo della controrivoluzione alla scala internazionale, un rinculo del movimento operaio. L’Associazione Internazionale stessa sarà messa in sonno e rinascerà più tardi, con più vigore ancora, con la Seconda Internazionale. In queste condizioni, visto il rapporto delle forze fra Irlanda ed Inghilterra, divenne molto più difficile battersi per l’indipendenza, pur mantenendo l’obiettivo di uscita dall’Unione, o per lo meno di una autonomia molto larga.
Aveva scritto Engels in “Le elezioni inglesi”, del 4 marzo 1874:
«Il ghiaccio è spezzato e due
operai siedono
adesso nel club per dibattiti più alla moda al mondo, insieme a
quelli che si dichiarano i primi gentiluomini di Europa. Al loro
fianco seggono almeno 50 irlandesi sostenitori dell’Home Rule
[rappresentanti della borghesia irlandese che, per vie costituzionali,
chiedevano una maggiore autonomia per l’Irlanda e un parlamente
indipendente, il che avrebbe condotto ad uno Stato federale]. Dopo che
la ribellione
dei feniani (i repubblicani irlandesi) del 1867 era stata repressa ed
i loro capi militari progressivamente catturati, o spinti
all’emigrazione in America, quel che resta dell’organizzazione
cospirativa dei feniani ha rapidamente perduto ogni importanza. Una
violenta insurrezione non ha alcuna possibilità di successo per
lunghi anni, almeno fino a che l’Inghilterra non sia di nuovo
implicata in serie difficoltà all’estero. Questo fa
sì
che un
movimento legale resti la sola possibilità, e un tale movimento
è
stato intrapreso sotto la bandiera degli home ruler, che vogliono che
gli irlandesi siano “padroni in casa propria”. Hanno fatto una
esplicita richiesta al Parlamento Imperiale di Londra di concedere ad
un qualche Parlamento Irlandese il diritto di legiferare su tutte le
questioni puramente irlandesi; molto saggiamente non hanno detto
niente su cosa si doveva intendere con questioni puramente irlandesi.
Questo movimento, all’inizio dileggiato dalla stampa inglese, è
divenuto così potente che gli irlandesi membri del parlamento
appartenenti ai partiti più diversi – conservatori e liberali,
protestanti e cattolici (anche Butt, che dirige il movimento, è
un
protestante) e financo un nativo inglese delegato di Galway –
dovettero aderirvi. Per la prima volta dall’epoca di O’Connell, il
cui movimento per il rifiuto dell’Unione era poco dopo naufragato
insieme al movimento cartista a seguito della reazione generale che
seguì la disfatta del 1848, un partito irlandese ben strutturato
di
nuovo entra in Parlamento, ma in circostanze che difficilmente
permetteranno dei compromessi alla O’Connell con i liberali o ai suoi
membri di vendersi al governo liberale, come era divenuto di moda
dopo di lui.
«Così le due
forze motrici dello sviluppo politico inglese sono entrate in
Parlamento: da un lato gli operai, dall’altro gli irlandesi come
partito nazionale compatto. Ed anche se ci si può difficilmente
attendere che possano avere un gran ruolo in questo parlamento –
gli operai certamente no – le elezioni del 1874 hanno
indiscutibilmente condotto la vita politica inglese in una nuova
fase».
Riportiamo poi l’analisi che Engels farà della situazione irlandese otto anni dopo, nel 1882, in periodo controrivoluzionario. Ci riferiamo al testo già citato “A proposito della questione irlandese”, che fa un riassunto storico dei diversi movimenti di resistenza. Lo riprendiamo dove l’abbiamo lasciato.
«Il pericolo maggiore [per
l’Inghilterra] era
superato [l’appoggio degli Stati Uniti all’Irlanda]. La polizia
passò
allora a regolare i conti con i feniani. Il tradimento, inevitabile
in tutte le congiure, anche ci fu, ma non proveniva che dai capi,
che divennero in seguito spie a ruolo e falsi testimoni.
Alcuni, passati in America, fecero la rivoluzione come si fa
nell’emigrazione e si rovinarono, come O’Donovan Rossa. Chi ha
conosciuto gli emigrati europei del 1849-1852 lo troverà
familiare,
benché evidentemente con gli eccessi alla moda americana.
«È certo che numerosi feniani
sono oggi di
ritorno e che hanno ricostruito la vecchia organizzazione armata.
Essi formano un elemento importante del movimento e costringono i
liberali ad intervenire con maggiore energia [nostra
sottolineatura]. Ma arrivano solo a
spaventare John Bull. Questo, è vero, si è notevolmente
indebolito
alla periferia del suo impero, ma là, vicino a casa, è
ancora bene
in condizioni di soffocare senza fatica qualsiasi insurrezione
irlandese. In Irlanda sono acquartierati, primo, 14.000
“Constabutary”, gendarmi, armati di fucile e baionette ed
addestrati all’arte militare. Secondo, circa 30.000 di truppa di
linea, che ne possono ricevere in rinforzo altrettanti di truppe di
linea e di milizie inglesi. Senza contare la flotta. E nella
repressione dei sollevamenti John Bull è di una ferocia senza
pari.
A meno che una guerra o un pericolo di guerra venga dall’esterno,
l’insurrezione irlandese non ha la minima possibilità di successo;
e non vi sono che due potenze che potrebbero diventare
pericolose: la Francia e ancor più gli Stati Uniti. La
Francia è fuori causa. In America, i partiti adescano gli
elettori
irlandesi, promettono loro molto e non fanno niente. Non ci pensano
nemmeno a lasciarsi coinvolgere in una guerra a profitto
dell’Irlanda. Hanno anche interesse che vi siano in questo paese
condizioni che provochino una intensa emigrazione di irlandesi in
America. E si capisce che un paese che sarà entro venti anni il
più
popolato, il più ricco e potente del mondo non abbia voglia di
lanciarsi in avventure che potrebbero compromettere il suo gigantesco
sviluppo interno. Fra vent’anni terrà un altro linguaggio.
«Ma in caso di pericolo di guerra con la
Germania, l’Inghilterra accorderebbe volentieri agli irlandesi tutto
quello che chiedono... Tutto, tranne l’indipendenza totale che, in
ragione della situazione geografica, sarebbe assolutamente
indesiderabile.
«Non
resta agli irlandesi che la via costituzionale per acquisire
posizioni una ad una, e anche l’ombra misteriosa della congiura
armata dei feniani potrebbe rimanere un elemento assai efficace. Ma i
feniani scivolano sempre di più verso una sorta di bakuninismo;
l’assassinio di Burke e di Cavendish non poteva avere che uno scopo:
rendere impossibile un compromesso fra la Lega Agraria e Gladstone.
Ora, questo compromesso sarebbe stato per l’Irlanda la miglior
soluzione del caso. I landlord espellono decine di migliaia di
contadini indebitati, e lo fanno spesso con l’aiuto della forza
armata. La prima esigenza del movimento è impedire questo
spopolamento sistematico dell’Irlanda (gli espulsi muoiono di fame o
sono forzati ad emigrare in America). Gladstone è pronto a
sottomettere al Parlamento una legge secondo la quale gli arretrati
sarebbero pagati nel modo in cui si fece nel 1848 in Austria per le
servitù feudali: un terzo versato dal contadino, un terzo dallo
Stato, un terzo perduto dal landlord. È quello che propone la
Lega
Agraria. Di conseguenza l’”exploit” di Phoenix-Park sembra solo
una sciocchezza, o almeno una “propagande
par le fait”
puramente bakuninista, fanfarona, inutile. Se non vi sono state delle
sciocchezze del tipo di quelle di Hoedel e di Nobiling, è
perché
l’Irlanda, malgrado tutto, non è la Prussia. Bisogna lasciare
che i
bakuninisti ed i rivoluzionari della frase mettano queste
fanciullaggini sulla stesso piano dell’esecuzione dei Alessandro II
ed annuncino una “rivoluzione irlandese” che non viene mai».
Come si vede le possibilità di successo di una rivoluzione irlandese negli anni 1880 erano molto scarse. Le migliori condizioni per la riuscita di un insurrezione erano quelle create da una guerra fra l’Inghilterra ed una potenza straniera come gli Stati Uniti, la Francia, o... la Germania. Questo non vuol dire che rimanesse aperta la questione dell’indipendenza, pur in momentanea assenza di sostegno del movimento operaio. Restava da definire la via per la quale ci si sarebbe arrivati.
La borghesia irlandese cercava con metodi costituzionali di ottenere una vasta autonomia con un parlamento indipendente che potesse gestire gli affari irlandesi, solo lasciando in questo caso a Londra la politica estera sul piano diplomatico e militare. Engels giudica che nelle condizioni di allora era la sola soluzione possibile. Ma questo non vuol dire abbandonare l’obiettivo della piena indipendenza.
Ecco quello che Engels scriveva a Kautsky in una lettera del 7 febbraio 1882:
«Uno dei compiti reali della
Rivoluzione del 1848
(e il compito reale e non illusorio di una rivoluzione è
sempre ottenuto come risultato di questa rivoluzione) era la
restaurazione delle nazionalità disperse ed oppresse dell’Europa
centrale, nella misura in cui erano tutte vitali, ed in particolare
mature per l’indipendenza. Questo compito è stato adempiuto per
l’Italia, l’Ungheria e la Germania, in funzione delle condizioni che
prevalevano, dagli esecutori testamentari della rivoluzione,
Bonaparte, Cavour, Bismarck. Restano l’Irlanda e la Polonia.
L’Irlanda può qui essere messa da parte, perché influisce
solo
molto indirettamente sulle condizioni sul continente. Ma la Polonia
si trova nel bel mezzo del continente ed il mantenimento della sua
divisione è precisamente il legame che costantemente tiene
insieme
la Santa Alleanza, e per questo la Polonia è di grande
importanza
per noi (...)
«Sono quindi
dell’avviso che due
nazioni in Europa hanno non solo il diritto ma il dovere di
essere nazionaliste prima di divenire internazionaliste:
l’Irlanda e la Polonia. Sono molto più internazionaliste quando
sono
autenticamente nazionaliste».
Sotto la pressione dei contadini irlandesi, delle agitazioni operaie irlandesi in Inghilterra e dell’insistenza parlamentare della borghesia irlandese, che si appoggiava sulle masse, la borghesia inglese si sarebbe “affrettata lentamente” – secondo l’espressione di Lenin – a prendere misure per limitare la voracità dei landlord, poi a permettere ai contadini di acquistare la terra dai fondiari. Un primo decreto in questo senso sarà votato sotto il governo Gladstone, altri seguirono. Ma è solo a partire dal 1903 che diverrà possibile per i contadini l’accesso alla terra a grande scala. Se gli irlandesi non possedevano che il 3% della terra nel 1870, ne possederanno i 2/3 nel 1914.
Ma l’acquisto della terra provocherà una diminuzione del capitale agricolo, perché le somme ivi impegnate mancarono all’investimento nelle migliorie agrarie. Il landlordismo inoltre le ostacolava perché ogni volta che il contadino investiva per bonificare la terra presto i proprietari fondiari ne approfittavano per aumentare la rendita, già molto elevata. È solo dopo l’indipendenza dell’Irlanda, con la soppressione del rimborso allo Stato inglese dei prestiti per l’acquisto della terra, che i contadini poterono investire nella terra e l’agricoltura conoscere un vero sviluppo.
Oltre alle diverse riforme successive, sotto il nome di Irish Land Acs, dal 1880 al 1914 quattro progetti di Home Rule saranno avanzati da governo inglese di Gladstone, ed ogni volta rigettati dalla Camera dei Lord. L’ultimo, benché molto ristretto, dopo due anni di intenso dibattito ed una forte opposizione dei fondiari, e delle loro organizzazioni fasciste nell’Ulster, sarà finalmente adottata dal Parlamento nel 1914, ma per essere indefinitamente rinviata dalla guerra.
Infine l’Irlanda acquisterà l’indipendenza con la forza delle armi nel 1921, approfittando dell’indebolimento dell’imperialismo inglese alla fine della guerra mondiale.
Abbiamo esposto le vedute di Marx e di Engels sulla questione irlandese e spiegato perché aveva così tanta importanza. Non soltanto l’indipendenza dell’Irlanda era necessaria per permettere al popolo irlandese di uscire dalla sottomissione coloniale e conoscere un vero sviluppo economico, cioè capitalista, gettando così le basi economiche della società comunista in Irlanda, ma anche per far uscire il proletariato inglese dalla sua soggezione alla borghesia e per permettere una reale unità di classe fra lavoratori irlandesi e britannici.
Alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX, a seguito dell’allentarsi della presa dell’imperialismo britannico sull’Irlanda, uno sviluppo industriale ha cominciato ad aver luogo, e con esso è apparsa una classe operaia che si è mostrata fin dall’inizio combattiva ed aperta alle idee comuniste.
Mentre in una nazione puramente agricola, come era l’Irlanda fino verso la fine degli anni 1880, il rappresentante naturale della classe contadina è la borghesia, là dove una classe operaia industriale è vigorosa e combattiva questa deve al contrario mostrare ai piccoli e medi contadini, e soprattutto agli operai agricoli, che è l’unica forza capace di difenderli e di fare applicare la riforma agraria, senza riscatto, con l’espropriazione dei landlords. Alla fine del XIX secolo si presentava una situazione simile alla Russia, sebbene la borghesia irlandese, a differenza di quella russa, non era priva di combattività.
Inoltre, con lo sviluppo dell’industria e della classe operaia, accanto al "Home Rule" richiesto alla borghesia inglese, rifecero la loro apparizione le idee repubblicane, così che si avranno tre movimenti: quello per l’ "Home Rule", i Repubblicani ed il Socialismo. Queste due ultime correnti erano per un’indipendenza completa dell’Irlanda.
Nella prosecuzione del lavoro documenteremo il periodo successivo della storia del movimento operaio irlandese, dal 1880 alla guerra mondiale e all’indipendenza.